C'è un tempo e un modo per giudicare i ragazzi vittime di tragedie causate da loro responsabilità

Martedì 19 Novembre 2019
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Egregio direttore,
avevo protestato perché una vostra giornalista due giorni dopo un grave incidente che aveva provocato la morte di una giovanissima ragazza vicino a Jesolo, aveva definito gesto altruistico viaggiare in sei in macchina. Lei dalle pagine del Gazzettino mi aveva scritto che non dovevo giudicare, e che comunque viaggiare in sei non era condizione presupponente la morte di Giulia. Non la sfiora l'idea che è la cultura della trasgressione la base di tutto questo? Passano dieci giorni, ed ecco un altro gesto altruistico. Solo che stavolta sono sette, i freni non tengono, e un giovanissimo è vittima dell'asfalto.

Lettera firmata
Venezia


Caro lettore,
non ho mai scritto che non si deve giudicare.
Anzi: penso l'esatto contrario. Penso che si debba dare voce ai propri pensieri e non farsi vincere dall'indifferenza. Ma c'è modo e modo per farlo. E, come ho già scritto, ci deve essere un tempo per i giudizi e le riflessioni e un tempo per il rispetto del dolore e della sofferenza. È così difficile da capire? O la volontà di esternare al mondo le proprie idee, di rimarcare la propria certezza di essere nel giusto, deve per forza e sempre sovrastare ogni altro sentimento? Sono perfettamente consapevole che all'origine di tragedie come quelle che abbiamo vissuto in queste settimane e che hanno visto come vittime giovanissimi ragazzi, ci sia anche un vuoto di regole; una drammatica scomparsa dei confini tra ciò è giusto e ciò che è sbagliato; un profondo problema educativo per la difficoltà delle generazioni più adulte a trasferire a quelle future un sistema saldo di valori. Non è solo giusto parlarne, è doveroso e necessario. Ma quando si è messi di fronte all'immensità della sofferenza, c'è un momento in cui bisogna aver la forza di fare un passo indietro, di far prevalere l'umanità, di rinunciare al proprio io e di mettersi nei panni di chi vive un dramma lacerante. Precisare che quando l'incidente mortale di Musile si è verificato sull'auto non c'erano 6 persone ma due, non significa giustificare qualcosa o qualcuno, ma precisare i fatti per quelli che sono. Sappiamo tutti che far salire 6 o 7 persone su un'auto o, come è accaduto l'altro ieri in provincia di Udine, guidar ne una a 16 anni, sono reati. Definire gesto altruistico aver fatto salire 6 ragazzi su un'auto, è solo un modo per non sottolineare troppo colpe ed errori. Perché, in quel momento, sbattere in faccia a un genitore, via Internet o dalle pagine di un giornale, le responsabilità del figlio, puntare il dito contro un ragazzo o una ragazza indicandoli come modelli nefasti di trasgressione, non aiuta nessuno. Serve solo a regalarci l'intima ed effimera soddisfazione di sentirci dalla parte del bene e del giusto. Non ad affrontare e risolvere i problemi.
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