Ex Ilva, l'accusa dei commissari: ArcelorMittal puntava a eliminare un concorrente

Martedì 19 Novembre 2019 di Michela Allegri e Claudia Guasco
Ex Ilva, l'accusa dei commissari: ArcelorMittal puntava a eliminare un concorrente

Due inchieste e un unico obiettivo: tracciare i contorni penali di quanto sta succedendo all'ex Ilva e in particolare della battaglia legale con il gruppo franco-indiano Arcelor Mittal, e stabilire se, come denunciato dai commissari, sia in atto un tentativo di mettere in ginocchio il polo siderurgico pugliese, con un depauperamento dell'azienda stimato almeno 500 milioni di euro, considerando solo le materie prime sparite.

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I fascicoli aperti dalle procure di Milano - dove c'è la sede legale del gruppo franco-indiano - e di Taranto corrono parallele. Da un lato, i pm del capoluogo lombardo si occupano di eventuali reati finanziari. Mentre a Taranto si analizzeranno le condotte più legate all'azienda, dalla compravendita di materiale a prezzi fuori mercato allo svuotamento del magazzino, dai contratti ai dipendenti ai rischi ambientali - e soprattutto industriali - legati a un eventuale spegnimento degli altiforni.

DOPPIO BINARIO
I magistrati di Milano si stanno muovendo su un doppio binario: penale e civile. L'inchiesta aperta venerdì scorso dai pm - pur senza indagati - ha registrato un'accelerazione, con la formulazione delle ipotesi di reato di false comunicazioni al mercato e reati fallimentari. Ed è destinata a fare un ulteriore scatto nelle prossime ore, dopo che ieri per tutta la mattinata il procuratore Francesco Greco ha ascoltato diversi testimoni, tra i quali un dirigente dell'amministrazione straordinaria dell'ex Ilva.

Nel mirino dei pm, i contraccolpi delle quotazioni internazionali dell'acciaio legate alle dichiarazioni rilasciate del gruppo franco-indiano e il depauperamento che potrebbero aver provocato ai danni dell'ex Ilva, considerata l'entità del contratto stipulato: 180 milioni annui di canone d'affitto e un magazzino di materie prime del valore di 500 milioni «rimasto vuoto, come testimoniano le fotografie scattate dai dipendenti e fatte recapitare anonimamente», scrivono i legali dei commissari dell'ex Ilva nel ricorso d'urgenza presentato contro l'atto di recesso di Arcelor Mittal e su cui il giudice Claudio Marangoni si pronuncerà entro il 4 dicembre.

IL RICORSO
Le settanta pagine di documento avanzano sospetti sull'intera operazione: «Arcelor Mittal ha stipulato il contratto al solo fine di uccidere un proprio importante concorrente sul mercato europeo», si legge. L'inadempimento del gruppo sarebbe «plateale e conclamato», se «l'illecito disegno» non verrà immediatamente bloccato «condurrà inevitabilmente al perimento degli altiforni». Con altissimi livelli di rischio: «Se sottoposti a shock termici, gli impianti si deteriorano irrimediabilmente, creando gravissime problematiche di sicurezza». Risultato: l'ex Ilva si vedrebbe restituire «macerie, altiforni compromessi, nessuna materia prima per riavviare la produzione».

Per i commissari l'obiettivo di Arcelor Mittal è «forzare con violenza e minacce» un contratto che non ritiene più rispondente ai propri interessi. Il gruppo, si fa notare, «non è un turista passato per caso per Taranto quale tappa per raggiungere una località balneare del Salento: è il maggior player mondiale nella produzione dell'acciaio, che dopo oltre un anno di due diligence, verifiche tecniche, negoziazioni, sopralluoghi ed esami tecnici, ha stipulato un contratto vincolate per l'acquisto dei complessi aziendali che rappresentano il cuore della industria siderurgica italiana». Un dettaglio sottolineato anche dai magistrati di Taranto.

DANNO ALL'ECONOMIA
Il procuratore capo Carlo Maria Capristo e l'aggiunto Maurizio Carbone procedono infatti per danneggiamento della produttività e dell'economia nazionale, visto che il polo siderurgico pugliese è considerato strategico.

Ma in questo caso gli inquirenti ipotizzano anche l'appropriazione indebita in relazione alle risorse sparite dal magazzino. Non è tutto: l'inchiesta è destinata ad allargarsi. Perché i magistrati verificheranno anche gli eventuali danni ambientali provocati dalle emissioni ulteriori legate all'abbassamento graduale della temperatura degli altiforni. Proprio per questo motivo i magistrati, oltre alla Guardia di finanza che è già stata incaricata di acquisire la documentazione negli uffici dell'Arcelor Mittal, hanno delegato anche i militari del Noe a fare un sopralluogo. Mentre i carabinieri della sezione Lavoro si occuperanno di controllare la regolarità dei contratti fatti ai dipendenti.

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