Frana-killer a Cortina: scagionato l'ex sindaco Franceschi, non c’entra

Domenica 10 Novembre 2019 di Lauredana Marsiglia
Andrea Franceschi, ex sindaco di Cortina
Il fascicolo penale per la morte di Carla Catturani, vittima della frana che la sera del 5 agosto 2017 distrusse Alverà, si è alleggerito di tre posizioni. È caduta l’accusa di omicidio colposo nei confronti dell’ex sindaco Andrea Franceschi, dell’ex assessore Stefano Verocai e del tecnico comunale Stefano Zardini Lacedelli.
Resta in piedi solo la posizione di Sandro D’Agostini, all’epoca dirigente di Veneto Strade, ente gestore della Regionale 48 delle Dolomiti dove si consumò la tragedia. Per lui i parenti della vittima hanno chiesto una riclassificazione del reato da omicidio colposo a omicidio stradale. Richiesta che non ha trovato d’accordo il pubblico ministero Roberta Gallego, ma che ha visto il giudice per le indagini preliminari riservarsi una decisione, attesa per i prossimi giorni. Se l’istanza di inasprire il reato dovesse essere accolta costituirebbe sicuramente un precedente destinato ad aprire scenari procedurali diversi su molti altri casi di omicidio colposo, andando di fatto a parificre chi occupa una strada con un veicolo con quanti sono chiamati a gestirne l’integrità e la sicurezza. Ci sarà da discutere.
 
Il caso Catturani è stato affrontato giovedì mattina in tribunale in sede di camera di consiglio. In ballo c’era l’opposizione dei parenti della vittima alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero relativamente alle posizioni di Franceschi, Verocai e Lacedelli.
La procura, infatti, dopo una serie di accertamenti, non aveva rilevato responsabilità alcuna da parte degli amministratori.
Una giovedì positivo soprattutto per l’ex sindaco Franceschi che dopo essersi visto assolvere in Cassazione per il caso della presunta turbativa d’asta su un appalto del servizio rifiuti, ha visto cascare un’altra accusa, una delle tante piovutegli addosso in questi anni.
«Lui non era nemmeno più sindaco quando è accaduto il fatto - commenta il difensore, Maurizio Paniz - e quindi non aveva alcun potere di intervento, men che meno in riferimento a quella serata. Secondo, a suo tempo, aveva fatto fare tutta una serie di interventi che riguardavano la bonifica del territorio al fine di rendere minimali i rischi di esondazione; terzo, si trattava di un evento straordinario. Un amministratore pubblico non può rispondere di situazioni abnormi sul piano meteorologico».
Secondo le accuse iniziali i tre amministratori, ciascuno per le rispettive competenze, sarebbero stati a conoscenza dei rischi di quel tratto inserito anche nel Piano di emergenza, ma nonostante ne avessero contezza non avrebbero fatto nulla per evitare il dissesto. Nessun cartello, nessun lampeggiante, niente illuminazione. Contestazioni che tuttavia sono crollate alla luce delle indagini.
Diversa la posizione per il dirigente di Veneto Strade, D’Agostini. Secondo la Procura, «in qualità di referente localmente apicale della società della Regionale 48, ripetutamente interessata da eventi franosi e colate detritiche, tanto da essere inclusa nell’area a rischio idrogeologico di quarto grado, ovvero molto elevato, avrebbe omesso di predisporre o far predisporre presidi di allarme».
Insomma, secondo la pubblica accusa Veneto Strade, ben conoscendo la situazione, avrebbe dovuto intervenire con sistemi di sicurezza in grado di fermare il traffico in caso di pericolo.
Il dramma si consumò la sera del 5 agosto 2017: quando una gigantesca colata detritica, scesa da Rio Gere, fece esondare il Bigontina e il Ru de ra Graes. Carla Catturani, 61 anni, di Alverà, a bordo di una Toyota, venne travolta dall’onda di fango e trascinata per 600 metri nell’alveo del torrente, trovando inevitabilmente la morte.
Ultimo aggiornamento: 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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