Gli insulti razzisti non sono uguali agli sfottò da stadio. Ed è un errore minimizzarli

Giovedì 7 Novembre 2019
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Egregio direttore,
da domenica sera in televisione e poi sulla carta stampata nei giorni successivi, veniva riportato negativamente il comportamento dei tifosi della curva del Verona, nei riguardi del giocatore Balotelli che, infastidito, scagliava il pallone verso la curva stessa. Intervistati dalla televisione i due allenatori di Verona e Brescia, entrambi si sono limitati a dire di non aver sentito o ravvisato comportamenti razzisti da parte degli spettatori, mentre tutta la platea dei giornalisti televisivi e poi gli articoli riportati sulla carta stampata, sottolineavano con enfasi che alcuni tifosi avevano rivolto insulti razzisti al giocatore, stigmatizzando la gravità di quanto avvenuto. Ora, da anni non frequento gli stadi, ma quando ci andavo, gli insulti di ogni genere e gli sfottò, verso giocatori e arbitri, erano ricorrenti e non capisco perché, oggi, ogni mugugno o altro rivolto ai giocatori di diversa razza, diventi un caso di razzismo tout court. Tutti auspicano che questo non debba più succedere, che occorre intervenire drasticamente, per porre fine a comportamenti a sfondo razziale. Allo stadio vanno migliaia di spettatori, per tifare la propria squadra e, dare peso solo a qualche intemperanza od offesa verbale verso qualche giocatore, rischia di far allontanare la gente dagli stadi.

Franco Polesel
Mestre


Caro lettore,
ad allontanare la gente dagli stadi ci pensano da sole alcune formazioni ultrà che trasformano le partite in conflitti bellici, dentro e fuori dallo stadio. Il mondo del calcio, tutto, dalle società agli appassionati, ha minimizzato e tollerato per troppo tempo questa deriva, è ora di mettere un punto fermo. Anche sul tema del razzismo. Avendo chiara innanzitutto una cosa: gli insulti razzisti non possono essere confusi o equiparati alle espressione sguaiate e becere che si ascoltano negli stadi. Per quanto sgradevoli, violente e volgari, queste colpiscono una persona, un singolo o al massimo la sua squadra. Non vanno giustificate, ma sono cosa diversa dagli insulti razzisti che invece prendono di mira un’intera collettività ( in questa caso le persone di colore), che, in quanto tale, è considerata inferiore, contiene in sé un’inestinguibile colpa, un disvalore assoluto. Non a caso il capo degli ultrà veronesi ha voluto sottolineare che comunque «Balotelli non sarà mai davvero italiano». Appunto. Non è neppure giusto cercare di attenuare la gravità dei fatti, sottolineando che, in fondo, erano pochi quelli che urlavano “buuu” o insulti razzisti contro Super Mario. Ma gli altri intorno a loro che facevano? Li invitavano a smettere? Li hanno segnalati alle forze dell’ordine? Li hanno espulsi dai loro gruppi del tifo organizzato? Nessuna di queste cose, ovviamente. Quello che va colpito è il brodo di coltura che è all’origine di questi comportamenti e di quegli insulti. Un odio che prescinde dalla fede calcistica e affonda le sue origini in un pregiudizio bestiale legato al colore della pelle. E che per questo va combattuto senza tregua. Prima che sia troppo tardi.
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