Ancora sull'incidente di Jesolo: ci sarà tempo per giudizi e condanne, ora è il tempo della pietas

Mercoledì 6 Novembre 2019
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Gentile direttore,
è la prima volta che scrivo al Gazzettino, ma la vicenda di Castelfranco mi ha profondamente colpito. La lettera della signora Canestrale sottolinea due frasi poco felici dell'articolo del Il Gazzettino che racconta l'incidente di Jesolo. Nel nostro stato di diritto portare sei persone non è un gesto altruistico e un incidente stradale mortale non può essere banalizzato come una serata di entusiasmo giovanile. Concordo nei toni e nei modi con la sua risposta pacata e riflessiva, a cui aggiungo la seguente lettura:
- Davvero crede che in rete ci sia solo accanimento (condivido con Lei che l'accanimento c'è) e non anche la sincera stanchezza di banalizzare (entusiasmo giovanile) le scelte che facciamo (guidare senza patente) e che portano alla morte?
- Davvero crede che definire un gesto altruistico una violazione di legge non incentivi altri a violare la legge, tanto si tratta di altruismo?
- Non crede scorretto tirare in ballo il destino quando tutto e dico tutto dipende solo da scelte umane troppo umane (guida senza patente, violazione per aver portato sei persone, hashish ed infine sballo fino alla mattina): nessuno vuole giudicare, perché le scelte umane o meglio (in questo caso) gli errori umani si possono individuare e descrivere, ma non giustificare (una serata di entusiasmo giovanile). I giornali, lei dice, devono raccontare i fatti: crede sinceramente che gesto altruistico e una serata di entusiasmo giovanile raccontino i fatti? Non credo lei lo pensi. Tra una strada che accusa e una che giustifica, a volte sarebbe preferibile il silenzio: unico rispetto innanzi alla morte. Un messaggio darei con forza ai giovani: le regole aiutano a vivere ed infrangerle non fa vivere più felici ma può spezzare la vita di un essere umano. 


Alessandro Prezzamà

Caro lettore, 
quando si racconta la morte non è facile per nessuno, neppure per chi fa il nostro lavoro, trovare sempre le parole giuste. Se avessi scritto quell'articolo quasi certamente avrei usato espressioni diverse. Diverse, sottolineo, non so se migliori. Pur nel totale rispetto di chi la pensa diversamente, continuo a non ritenere infelici o inadeguate le parole utilizzate nel nostro articolo. Perché dietro di esse non c'era la volontà di giustificare nulla e nessuno. Ma quella di non calcare la mano, di non ergersi a giudici. Nella vita c'è un momento per tutto. C'è un momento per la riflessione e per le condanne. Morali e, se del caso, anche giudiziarie. Ma c'è anche il momento del dolore e del rispetto. Di fronte a una tragedia immane come questa, allo strazio di due famiglie, a una ragazza morta e ad un altro che lotta per vivere, non sento il bisogno di stilare una lista dei buoni e dei cattivi. Ci sarà tempo e modo per farlo. Ci sarà tempo per chiarire le responsabilità. Per spiegare che una serata di entusiasmo giovanilenon deve necessariamente nutrirsi di alcol, di hashish e di follie dietro le quali talvolta si cela la morte. Per far capire a giovani e meno giovani che il rispetto delle regole non è un lusso o una stupida imposizione, bensì il fondamento di ogni comunità. Ma ai ragazzi e a noi stessi ricordiamo che, di fronte ai drammi della vita, esiste anche un sentimento importante, un valore: quello che i latini chiamavano umana pietas. 
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