Ex Ilva, Conte: «Con Mittal aperti
a trattativa, inaccettabili 5mila esuberi»​
Vertice di tre ore, bufera nel governo

Mercoledì 6 Novembre 2019
Il ministro per il Sud Giuseppe Luciano Calogero Provenzano arriva a Palazzo Chigi per l'incontro con vertici di ArcelorMittal
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Trattativa in salita, ma aperta  tra governo e ArcelorMittal sull'ex Ilva. Ma è comunque «allarme rosso. Per il governo il rilancio è una priorità e le richieste di ArcelorMittal sono inaccettabili». In una conferenza stampa notturna, convocata dopo dodici ore di riunioni e vertici dai toni anche drammatici, il premier Giuseppe Conte riassume quella che è una vera e propria guerra tra il governo e la multinazionale dell'acciaio.

Ma sull'immunità restano intatte le tensioni nella maggioranza e nel Movimento Cinque stelle. «Lo scudo penale è stato offerto ed è stato rifiutato. Il problema è industriale», sottolinea il premier riferendo che dall'azienda è arrivata una richiesta di «cinquemila esuberi» e chiamando «tutto il Paese e le forze di opposizione alla compattezza». Saranno 48 ore sul filo della suspense.

Perché la trattativa con ArcelorMittal non è ancora definitivamente chiusa. «Al momento la via concreta è il richiamo alla loro responsabilità», spiega Conte che ha chiesto a Lakshmi Mittal e a suo figlio di aggiornarsi tra massimo due giorni per una nuova proposta. È una delle poche volte, da quando è a Palazzo Chigi, che Conte pone il suo accento sulla serietà del problema. E sono parole che danno il tono della fumata nerissima registrata dopo l'incontro con i vertici di A.Mittal.

«Vogliono il disimpegno o un taglio di 5mila lavoratori» ma «nessuna responsabilità sulla decisione dell'azienda può essere attribuita al governo», spiega Conte sentenziando un concetto che sa di protesta di un intero sistema: «l'Italia è un Paese serio, non ci facciamo prendere in giro». Già perché, per il governo, semplicemente A.Mittal non rispetta un contratto aggiudicatasi dopo una gara pubblica. Tanto che fonti di governo descrivono lo scontro con l'azienda in questi termini: «praticamente siamo già in causa».

E, nell'esecutivo, emerge anche un'altra considerazione: quanto conviene che l'azienda resti? Per questo, parallelamente, si stanno cercando «strade alternative». Un piano B, insomma, che non includerebbe la partecipazione di Cdp ma che potrebbe concretizzarsi con una nuova cordata. È un'ipotesi che emerge a tarda notte e che non riguarderebbe necessariamente Jindal o AcciaItalia. Allo stesso tempo nel M5S filtra già una certa irritazione per la scelta di ArcelorMittal - che ha azzerato la concorrenza - e nei confronti di chi ha gestito il dossier, l'ex ministro Carlo Calenda.

Sospetti che il titolare del Mise Stefano Patuanelli così sintetizza: «è evidente che ArcelorMittal voleva solo un'acquisizione». Il governo, insomma, passa al contrattacco ma le armi rischiano di essere spuntate. «Il nostro strumento al momento è la pressione nel nostro sistema Paese», sottolinea Conte convocando, per domani pomeriggio i sindacati, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. «Chiameremo tutto il Paese a raccolta», insiste Conte ribadendo il suo messaggio alla politica: è il momento della compattezza.

Una compattezza che, sul decreto offerto a ArcelorMittal sullo scudo penale rischiava di mancare vista la ferma contrarietà di una parte del M5S.

Tanto che, dopo tre ore e mezza di Consiglio dei ministri quel decreto non salta fuori. Ma per Conte, ora il problema non è questo. La norma sullo scudo penale, raccontano fonti di governo, è stata di fatto messa sul tavolo nell'incontro con A.Mittal, così altre rassicurazioni, come il pieno sostegno a un piano che renda l'ex Ilva un «hub della transizione energetica». Tutto inutile. L'azienda vuole l'addio o un taglio draconiano della forza lavoro, che costringerebbe il governo ad intervenire sulla cassa integrazione. Con un'appendice: il governo non accetterà mai i 5mila esuberi richiesti.




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Il premier resta  alle prese con il nodo di un possibile decreto ad hoc. Nella misura si punterebbe a inserire quella norma interpretativa dell'art. 51 del codice penale che, di fatto, tutela dal punto di vista giuridico ArcelorMittal. Ma sul punto c'è il muro, sopratutto nei gruppi parlamentari, del M5S. Le notizie, per tutta la giornata, sono frammentate. Bocche cucite e facce piuttosto scure si aggirano nei dintorni di Palazzo Chigi dopo la riunione con ArcelorMittal, alla quale Conte presenta anche i ministri Gualtieri, Patuanelli, Bellanova, Catalfo, Provenzano e Speranza. Un team che rappresenta tutto l'arco della maggioranza giallorosa. E il dato non è marginale visto che, sul salvataggio dell'ex Ilva, la maggioranza rischia di spaccarsi clamorosamente con il nocciolo duro pentastellato, capitanato da Barbara Lezzi, fermo nella sua contrarietà al ripristino dello scudo penale. Possibile che da Conte arrivi un forte richiamo alla responsabilità. 
 

Ma il rischio è che il decreto, o comunque la norma destinata a garantire l'immunità, venga votata da Pd, Italia Viva, Lega, FI e una parte del M5S con Leu che, nei giorni scorsi, pure si diceva scettica sullo scudo penale. A quel punto il governo si ritroverebbe con una maggioranza mutata, rischiando la crisi in un contesto già delicato e con Nicola Zingaretti che in una riunione al Nazareno in mattinata fa trapelare tutta l'insofferenza che si respira nei Dem per le sortite di Matteo Renzi e del M5S. Conte, di fatto, lavora per l'intera giornata al dossier Ilva convocando, solo dopo il Cdm, una conferenza stampa per fare il punto della situazione. «Faremo di tutto per il rispetto degli impegni», assicura in mattinata il premier.

Ma a Taranto, nel frattempo, è psicodramma. In mattinata arriva alle organizzazioni sindacali la lettera, già annunciata ieri dall'ad Lucia Morselli (assente al vertice di Palazzo Chigi), con la quale A. Mittal comunica la decisione di disdettare l'accordo e restituire chiavi e dipendenti all' Amministrazione straordinaria. Contemporaneamente viene depositato presso il Tribunale di Milano l'atto di citazione contro i Commissari Straordinari relativo alla rescissione del contratto. La comunicazione provoca l'immediata reazione dei sindacati e della città di Taranto. In mattinata la Fim-Cisl dichiara uno sciopero immediato a Taranto di 24 ore a partire dalle 15 del pomeriggio. Uno sciopero che, riferisce la Fim-Cisl incassa un'alta adesione. Ma la mossa non è condivisa dalle altre sigle (Uilm, Fiom e Ubs) che, pur mantenendo lo stato di agitazione volevano attendere gli esiti del vertice a Palazzo Chigi. Il punto sul quale ArcelorMittal non vuole cedere è la «protezione legale», prevista dal Dl 2015/1 e confermata dal Dl del 3 settembre 2019.

Protezione considerata dall'azienda «presupposto essenziale» al punto che «in mancanza, non avrebbe accettato di partecipare all'operazione» di ristrutturazione e rilancio dell'Ilva. Ma il tema, per il governo è un altro. È la stessa sostenibilità della produzione da parte di A. Mittal, che - in relazione all'Altoforno 2 (sotto sequestro per la morte di un operaio nel 2015 ma in funzione e da ristrutturare come da Piano Ambientale), dovrebbe entro il 13 dicembre presentare la progettazione degli interventi ambientali e mirati alla sicurezza dei lavoratori. L'azienda, sostengono fonti di maggioranza, punta inoltre a 5mila unità. Un obiettivo che potrebbe costringere il governo a intervenire subito con la cassa integrazione.

 

Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 16:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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