Slot machines, ​Il tabaccaio pentito: «Ho assistito a scene indescrivibili»

Mercoledì 6 Novembre 2019 di Gabriele Pipia
Enrico Barin. Slot machines, Il tabaccaio pentito: «Ho assistito a scene indescrivibili»
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CITTADELLA (PADOVA) - Sono passati quattro anni ma Enrico ricorda quella scena come se fosse ieri. «Sono tornato a casa dal lavoro, mi sono seduto in cucina per la cena e ho guardato negli occhi mia moglie. Ci siamo capiti al volo. Abbiamo deciso di strappare ogni carta e dire addio alle slot. Avevamo visto davvero troppo».

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Enrico Barin
, 42 anni, è il tabaccaio premiato dal Comune di Cittadella proprio per la sua scelta drastica: rompere i contratti, eliminare tutte le slot e lanciare la guerra alla ludopatia. Nel Padovano è diventato un simbolo della battaglia. Da dieci anni guida l'attività B&B Shop di Borgo Vicenza e oggi gonfia il petto ripensando alla propria scelta di fine 2015. «Ben venga l'intervento della Regione - sorride dietro al bancone mentre vende sigarette e caramelle - ma dovrebbero fare tutti come noi». 
 
Enrico, come è nata la scelta di dire basta?
«Quando ho rilevato l'attività ho ereditato le macchinette, ma la mia cultura è sempre stata contraria perché conosco bene i problemi a cui possono portare. Ho resistito storcendo il naso per cinque anni, poi la misura si è fatta colma e ho deciso di dire basta. Perché ho assistito davvero a scene indescrivibili». 
Proviamo invece a descriverle?
«C'era l'anziano che si giocava la pensione, oppure la donna che si fumava l'intero stipendio. Io li vedevo rovinarsi e mi sentivo coinvolto emotivamente. Perché è gente del paese, gente che io conoscevo bene. Magari sapevo pure che avevano problemi in famiglia e che stavano mandando tutto a rotoli. Mille volte avrei voluto uscire dal mio ruolo di tabaccaio e andare lì, a dare loro un consiglio da amico». 
Quali altre scene ricorda?
«C'era perfino chi entrava in tabaccheria e diceva di essere disposto a vendere qualunque cosa pur di trovare nuovi soldi per giocare. Il cellulare, un vaso, un mobile: tutto era in vendita, pur di trovare nuove monete e nuove banconote da inserire in quelle maledette macchinette. Alcuni giocatori arrivavano al mattino presto. E quando io spegnevo le macchinette loro stavano lì ad aspettare e a controllare che nessuno rubasse il loro posto». 
Tra il dire e il fare ci sono di mezzo i contratti. Come ha fatto a togliere tutte le macchine da un giorno all'altro?
«Sono stato fortunato, perché il gestore è un amico che ha maturato la mia stessa sensibilità e i miei stessi pensieri. Ci siamo capiti subito senza badare ai contratti e a tutti i vincoli che comportano. Ora lui ha lasciato quel settore, disgustato quanto me». 
Dal punto di vista economico è stata una perdita consistente per la sua attività?
«L'incasso dalle slot rappresentava massimo il 10% dell'incasso giornaliero. Parliamo di alcune centinaia di euro. Ma i giocatori erano decine e io sentivo sempre più un problema di responsabilità sociale. Per questo motivo i soldi sono diventati un aspetto secondario». 
Nonostante alcuni esempi come il suo, in Veneto il problema è sempre più sentito. 
«Sì, perché non ci sono solamente bar e tabaccherie. Il vero pericolo è rappresentato da tutti i siti internet, frequentati anche da moltissimi ragazzini. Se io gioco solo in un locale con determinati orari è un conto, ma se io posso giocare sempre con il cellulare, anche nascondendomi in bagno o durante la ricreazione, è ancora peggio».
I limiti imposti dalla Regione potranno aiutare?
«Certamente, ma la cosa migliore sarebbe che tutti i pubblici esercizi togliessero queste macchinette: dovremmo lasciarle alle sale da gioco. Ho visto mogli disperate venire a trascinare via il proprio marito. Non si può continuare così». 
Gabriele Pipia 

Ultimo aggiornamento: 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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