Ilva, Conte vede ArcelorMittal: sul tavolo scudo penale e contratto da rinegoziare

Mercoledì 6 Novembre 2019 di Alberto Gentili
Ilva, Conte vede ArcelorMittal: sul tavolo scudo penale e contratto da rinegoziare

A palazzo Chigi garantiscono che questa mattina, al tavolo con ArcelorMittal, Giuseppe Conte non avrà un approccio tenero. Anzi. A riprova, in serata, filtra dalle stanze del governo un ammonimento del premier al gruppo franco-indiano: «Ha promosso davanti al tribunale di Milano un'iniziativa giudiziaria per far accertare la legittimità del suo atto di recesso. Pensa di sfilarsi dagli impegni in questo modo? Confido che ci ripensi: sarebbe una battaglia legale durissima».

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In realtà Conte e il ministro dello Sviluppo (Mise), Stefano Patuanelli, spinti dal pressing del Pd e di Italia Viva, sarebbero pronti a trattare per evitare la chiusura dell'acciaieria e la perdita di 20 mila posti di lavoro (indotto compreso). Non a caso l'ad dell'azienda franco-indiana Lucia Morselli, ha confidato ieri ai sindacati: «L'incontro con il premier sarà molto importante». Intanto Mattarella resta in costante contatto con il premier, il Quirinale si dice «piuttosto preoccupato».

Ebbene, Conte e Patuanelli dovrebbero ripartire dalle richieste avanzate sei giorni fa da ArcelorMittal in un vertice riservato al Mise. La prima è il varo di una norma di carattere generale, probabilmente con un emendamento al decreto fiscale, che preveda l'immunità penale per tutte le aziende che si cimentano in bonifiche industriali. Tuttavia, seppure erga omnes, da sola la norma non basterebbe a evitare lo stop, da parte dell'autorità giudiziaria di Taranto, dell'altoforno 2 che produrrebbe anche il blocco degli altiforni 1 e 4. Per questo si rende necessaria la rinegoziazione del contratto siglato da ArcelorMittal: l'Ilva si riprenderebbe la titolarità degli altiforni, si farebbe carico dei dipendenti che vi lavorano (con la cassa integrazione) e completerebbe la bonifica ambientale.

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Poi, a risanamento compiuto, restituirebbe l'area a caldo ad ArcelorMittal. Ciò permetterebbe al colosso franco-canadese di abbattere i costi ormai insostenibili: 50 milioni al mese per gli stipendi e 60 milioni mensili di perdite.
Al Mise confermano la trattativa, senza però dare dettagli: «ArcelorMittal tenta di rescindere il contratto perché non ce la fa ad andare avanti. Ha un management inadeguato che ha sbagliato il piano industriale, il mercato dell'acciaio è in crisi a causa della guerra dei dazi e ora perde a rotta di collo». Dunque, per evitare il disastro, «bisognerà dare una mano...».
 


A spingere Conte e Patuanelli a trattare è anche la pressione del Pd. Se i 5Stelle con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, il viceministro del Mise Stefano Buffagni e la pasdaran Barbara Lezzi bocciano ogni ipotesi di compromesso (ma ieri mattina Fico ha incontrato a lungo i vertici di Cdp), i dem chiedono al premier di fare di tutto pur di evitare la chiusura dell'acciaieria o il ritorno all'amministrazione straordinaria.

A fare pressing «per trovare una soluzione» sono il segretario Nicola Zingaretti e Roberto Gualtieri. Il ministro dell'Economia, per dare il segnale di quanto drammatica sia la situazione e di come sia indispensabile «fare tutto il possibile e il necessario per evitare un disastro», cita il «whatever it takes» scandito da Mario Draghi quando si trattò di salvare la pelle alla moneta unica. «Al di là dei cavilli giuridici», spiegano nell'entourage di Gualtieri, «bisogna individuare ogni soluzione in grado di mettere l'azienda in condizione di realizzare il piano ambientale e quello industriale. Serve un approccio pragmatico, impuntarsi è inutile se nel frattempo l'azienda muore. L'Italia non può permettersi di perdere l'acciaio».

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Non a caso il Pd, esattamente come Matteo Renzi, per sbloccare la situazione ha presentato un emendamento per reintrodurre lo scudo penale. Non appunto una norma ad personam, cioè legata solo azienda franco-indiana, «ma generale che risponda alla necessità di garantire chi è impegnato in un'opera di risanamento», spiega il ministro per il Sud Beppe Provenzano, «senza dover rispondere delle responsabilità di quanti lo hanno preceduto». Un'opzione bocciata dai 5Stelle, ma non da Patuanelli, favorevole a fornire un'interpretazione di «rango primario» all'articolo 51 del codice penale che «già esclude la punibilità».

Su questo tema però la maggioranza è ad alto rischio. In Senato, a causa dei senatori ribelli guidati dalla Lezzi, per far passare l'emendamento o un nuovo decreto servirebbe il soccorso della Lega (Salvini si è già dichiarato pronto). «E questo sarebbe inammissibile», dicono fonti pentastellate. In più, dopo aver dovuto ingoiare Tap e Tav, il Movimento potrebbe finire alle corde se dovesse subire uno scudo penale «di qualsiasi tipo».

Renzi non sta a guardare.
Fiutata la mossa del Pd, fa sapere di stare «al fianco di Conte»: «ArcelorMittal onori il contratto». E si mette alla finestra: se il premier si sobbarcherà il lavoro sporco degli esuberi, farà ripartire l'artiglieria. In più, indica una «via di uscita»: il ritorno in pista della cordata Cdp-Jindal-Arvedi-Del Vecchio, che risultò seconda alla gara vinta dal colosso franco-indiano. Ipotesi però esclusa dai diretti interessati.

Ultimo aggiornamento: 12:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA