Referendum della Lega non passa in Regione per un voto

Martedì 5 Novembre 2019 di Alda Vanzan
Referendum della Lega non passa in Regione per un voto
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 Increduli. Frastornati. La stessa faccia di chi prende un pugno sul naso e non se ne capacita: sono le 16.19, il tabellone delle votazioni nell'aula del consiglio regionale del Veneto è fisso sulla seconda videata, quella che, dopo i pallini rossi e verdi, dà l'esito finale. 42 presenti, 41 votanti, 25 sì, 14 no, 2 astenuti, 1 non votante. Sotto, in stampatello, la scritta che nessuno si aspettava: Il Consiglio respinge. Respinge perché serviva la maggioranza qualificata, 26 voti su 51.

Il referendum di Matteo Salvini, quello che per il leader della Lega dovrebbe abolire la quota proporzionale e instaurare un sistema maggioritario assoluto naufraga a Palazzo Ferro Fini. "Per un punto Martin perse la cappa" e per un voto il Veneto a maggioranza leghista non riesce ad approvare il nuovo quesito del referendum. Più che beffa, umiliazione. E poi scambi reciproci di accuse. Perché i voti, sulla carta, c'erano. Solo che una consigliera della lista Zaia Presidente, Sonia Brescacin, al momento di pigiare il bottone si era momentaneamente assentata. Un altro, Nazzareno Gerolimetto, in aula non si è proprio visto. Perfino gli alleati di Fratelli d'Italia hanno dato forfait in blocco.

«Involontariamente», ha specificato Elena Donazzan. E Massimo Giorgetti: «Ero nella stanza attigua all'aula a parlare con l'assessore De Berti». Berlato? In giro per il Palazzo con i parlamentari in visita a Venezia. E fortuna che a votare sì sono stati anche Casali, Barbisan e Negro, sennò sarebbero stati 22 i favorevoli. Solo che dall'altra parte del Canal Grande, a Palazzo Balbi, quelle tre improvvise "meloniane" assenze assumono i contorni di un «incidente politico». E poi le recriminazioni nei confronti di Nicola Finco e Silvia Rizzotto: «Toccava ai capogruppo vigilare, il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti aveva avvertito nelle chat che si votava». Già. Però al momento del voto mancava anche il governatore e Piero Ruzzante (LeU) ci mette un attimo ad associare la débacle all'illustre assenza: «Zaia mancava, è lui il 26° voto che vi manca».
BLITZ
Doveva essere una passeggiata, nonostante il blitz della lenzuolata. Va detto che il consiglio aveva già approvato il quesito del referendum ed era stato il primo in tutta Italia, poi seguito da Piemonte, Lombardia, Friuli VG, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria. In base alla legge un referendum abrogativo può essere proposto da almeno 5 consigli regionali, ma per far contento Salvini si erano mosse tutte le assemblee a guida Lega-centrodestra. Depositato il quesito, la Cassazione aveva eccepito: non è chiaro, bisogna specificare le norme che si vogliono abrogare. Così il quesito era diventato lungo 7 pagine.

In aula Graziano Azzalin (Pd) si è divertito a esibire un facsimile di scheda di due metri per due. Ma se quella era commedia, al voto c'è stata la tragedia. Non vota Guadagnini, come l'altra volta. Si astengono il neo azzurro Zorzato e il civico Ferrari. Di chi è il voto che manca? La lista degli assenti dà 9 nomi, quelli di maggioranza sono sette: i fratelli Berlato, Donazzan, Giorgetti, l'azzurro Conte, i leghisti Brescacin e Gerolimetto, più Zaia. Due gli unici consiglieri che ieri al Ferro Fini non si sono visti: Gerolimetto e il governatore.
SBERLEFFI
Le opposizioni si scatenano. Graziano Azzalin (Pd): «La maggioranza sbaglia a fare i conti e disobbedisce a capitan Salvini». Orietta Salemi (Pd): «La maggioranza di Zaia applica autonomia sul diktat di capitan Salvini». Jacopo Berti, Erika Baldin, Manuel Brusco e Simone Scarabel del M5s: «La granitica maggioranza che sostiene il governo Zaia non è così granitica e davanti alla propaganda di Salvini non tutti si mettono in riga». Il deputato azzurro Roberto Caon posta ovunque un colorato pallottoliere: «Vogliono governare e non sanno neanche contare».
Raccontano che Zaia si sia infuriato. E che anche tra i tecnici siano volati stracci. Sicuri che servisse la maggioranza qualificata? Il professor Guido Rivosecchi, ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Padova, contattato dal Gazzettino, ammette la singolarità del caso: «Non ci sono precedenti, siamo in presenza di una deliberazione votata una prima volta a maggioranza assoluta e poi integrata su richiesta della Cassazione. Ma c'è stata una nuova votazione e l'articolo 30 della legge 252/1970, che disciplina il referendum, richiede espressamente la maggioranza dei consiglieri assegnati. Credo sia stato corretto dichiarare non approvata la delibera».
A seduta conclusa Ciambetti fa diramare una nota: «Giovedì sarà depositato in Cassazione l'esito del voto». Della serie: decida la Corte se è valido o no?
Alda Vanzan
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Ultimo aggiornamento: 15:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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