Tredicenne picchiato con una catena. La madre denuncia sui social: «Baby gang delle elementari»

Giovedì 24 Ottobre 2019 di Annalisa Fregonese
Il sottopasso dove è stato aggredito il 13enne che stava tornando a casa dopo essere stato a giocare nel parco
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GORGO AL MONTICANO (TREVISO) - Accerchiato e picchiato con una catena, quelle che si usano per chiudere le bici. È quanto accaduto a un ragazzino del paese, aggredito da una baby gang mentre camminava nel sottopasso pedonale in centro. La mamma ha denunciato l’accaduto con un post sul suo profilo Facebook. «Era successo altre volte – racconta la donna – che mio figlio fosse preso di mira perché è uno che se viene provocato reagisce. Ma stavolta parliamo di una catena, un oggetto pesante e contundente. Forse quei bambini neppure erano consapevoli di ciò che avevano in mano. Non oso pensare se fosse stato colpito al volto o alla testa. Ho detto bambini perché sono piccoli, frequentano ancora le scuole elementari». 
 
La sindaca Giannina Cover è a conoscenza dell’episodio. «Non essendo stata presente non so esattamente come sono andate le cose. Sappiamo di questi ragazzini che sono vivacissimi, difficili da contenere». Marco (nome di fantasia) martedì pomeriggio va a giocare al parchetto. Poco dopo le 17 riprende la strada di casa. È a piedi, deve transitare per il sottopasso. «Quando è arrivato nel sottopassaggio – dice la mamma – è stato accerchiato da questi bambini, circa una decina. Fra di loro si conoscono, mio figlio ha cercato di scappare. Prima lo hanno insultato, poi aggredito, poi colpito utilizzando appunto una catena di quelle che si impiegano per chiudere le biciclette. Per fortuna aveva addosso i pantaloni lunghi quindi, se pure ha preso dei colpi, non sono riusciti a fargli male. Nel parapiglia è riuscito a chiamare suo fratello maggiore. Il quale è uscito da casa di corsa ma sulle prime non mi sono insospettita. È stato verso le 18 che non vedendoli rientrare sono uscita di casa a cercarli. Sono arrivata al sottopasso, ho visto i ragazzi che mi hanno raccontato cos’era successo». La donna chiama il marito, si mettono in contatto con i carabinieri. «Trattandosi di minori – prosegue la signora – ci hanno suggerito di provare a ricomporre la cosa fra noi famiglie, parlando con gli altri genitori. Abbiamo capito che, se fossero intervenuti, si sarebbe innescato un meccanismo complesso, con segnalazione ai servizi sociali e così via. Non vogliamo arrivare a tanto. Però non è ammissibile che dei bambini utilizzino una catena per picchiare. Se ho scritto quel post su Facebook l’ho fatto per richiamare l’attenzione su questo gruppetto di ragazzetti che agisce in questo modo. Al posto di mio figlio ci poteva essere un altro bambino magari più piccolo, meno forte. O una bambina. O un anziano. Mio marito la sera è andato a parlare con i loro genitori ma niente un dialogo non è stato possibile. Si tratta di famiglie straniere. Ma il punto non è questo – sottolinea la donna -. Si tratta dell’educazione. Non si picchiano le persone con una catena da bicicletta». Nel post che ha pubblicato sul social la signora scrive: «Quello che è successo ieri pomeriggio è una cosa gravissima. Che un gruppo di bambini delle elementari abbiano aggredito con calci, sputi e colpi di catene un altro ragazzino che stava attraversando il sottopasso per tornare a casa è una cosa d’altro mondo. Non auguro a nessuno di vivere la paura che ha vissuto mio figlio e di provare lo stato d’animo che abbiamo ora io e il suo papà. Non parlatemi più di buona integrazione perché ieri pomeriggio ho perso tutta la mia fiducia su determinati principi. Secondo le autorità bisognerebbe stare chiusi in casa o uscire sempre accompagnati». La mamma sottolinea il fatto che l’episodio è avvenuto alle 5 del pomeriggio. «Non era certo sera. I ragazzi hanno diritto di potersi muovere con tranquillità nel loro paese». «So dell’episodio – dice Giannina Cover - Non ero presente quindi non posso confermare che il teenager sia stato colpito con una catena. A sentire gli altri, uno di loro avrebbe ricevuto un paio di calci nello stomaco da parte di questo ragazzo. A chi credere? Il punto non è questo. Sappiamo di questo gruppetto di ragazzetti che sono assai vivaci. Più volte ho parlato con i loro genitori. I papà sono al lavoro, le mamme sembrano non essere autorevoli a sufficienza. Gliel’ho detto chiaramente che devono darsi da fare, non voglio che dieci ragazzini finiscano in istituto. Sarebbe una sconfitta per tutti noi. Ripeto, ci stiamo lavorando ma è tutt’altro che facile. Alle scuole abbiamo istituito un servizio di sorveglianza con delle donne, sia alle elementari che alle medie, che arrivano mezzora prima dell’inizio delle lezioni per tenere tutto sotto controllo. Perchè ci sono dei discoli che arrivano prima e finiscono per attaccar briga con gli altri. Serve la collaborazione delle famiglie. Solo così – conclude Giannina Cover – possiamo arrivare a una soluzione».
Ultimo aggiornamento: 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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