Mafia, candidato sindaco ricattato: «Io paura ne avevo non poca ma tanta...»

Giovedì 17 Ottobre 2019 di Nicola Munaro
Mario Borella. Mafia, candidato sindaco ricattato
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VENEZIA - È il 23 luglio 2019 e ad ascoltare l'ex candidato sindaco di Mira nel 2012 e nel 2014 per la civica Camponogara prima di tutto a Camponogara, legata a Prima il Veneto, l'imprenditore Mario Borella, di Sambruson di Dolo, ci sono i militari della Guardia di finanza della compagnia di Mirano. La descrizione che fa di quell'interrogatorio il gip di Venezia Gilberto Stigliano Messuti, nell'ordinanza con cui apre le porte del carcere ad Antonio Genesio Mangone - arrestato ieri con l'accusa di estorsione aggravata dai mezzi mafiosi - tradisce la paura che stringe l'animo di Borella. Fin quando gli argini vengono rotti. «Va bene, lo dico chiaramente: io paura ne avevo non poca ma tanta...sono stato obbligato ad andare, perché avevo paura che succedesse qualcosa di più brutto...se non lo firmavo le cose si mettevano male».
 
Quando Borella parla e ammette le spire che ne stringevano il cuore, i finanzieri e la procura sapevano già a cosa si stava riferendo. Era stato lo stesso ex candidato sindaco in quota Lega a raccontare di essersi messo nelle mani di Mangone e di aver subito da lui un'estorsione cedendogli un immobile a Sambruson di Dolo senza ottenerne in cambio il pagamento. Singolare il giorno in cui Borella informa la Finanza: il 12 marzo scorso, negli stessi istanti in cui la procura Distrettuale Antimafia di Venezia sta portando a termine il blitz dell'inchiesta Camaleonte sulle infiltrazioni nel Veneziano e nel Padovano della ndrangheta e della cosca Grande Aracri facente capo alla famiglia Bolognino. Come siano andate le cose, lo ricostruisce l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, Messuti. Quel giorno di metà marzo, scrive il gip, Borella si presenta alla Finanza di Mirano e racconta che la sua società Golden Costruzioni Snc aveva ceduto un negozio in via Argine Sinistro 117 a Sambruson alla Bologna Grup Srls («di fatto gestita da Mangone», così nell'ordinanza) per il prezzo di 75mila euro senza ricevere in cambio il denaro. E firmando, anzi, il 16 febbraio 2018 di fronte al notaio Gianluigi Maculan di Saonara (Padova), ora indagato per concorso in estorsione, «un atto di quietanza dichiarando di aver ricevuto dalla società Bologna Group Srls l'integrale pagamento» del prezzo stipulato in un preliminare del 25 maggio 2015 «mediante corresponsione di un assegno bancario» da 75mila euro «rinunciando sia al diritto di iscrivere ipoteca legale, sia ad ogni altra azione legale, asserendo di non avere più nulla a pretendere» dalla Bologna Group Srls, la società riconducibile a Mangone. 

L'ASSEGNO E LE URLAPeccato che l'assegno, pur portato di fronte al notaio e sventolato sotto il naso dell'imprenditore, non sia mai stato versato nelle casse di Borella. Che alla Finanza «riferiva di non aver sottoscritto liberamente la quietanza»  ma di essere stato costretto «dal comportamento intimidatorio» di Mangone.
E il notaio? L'ordinanza parla anche di lui: «Il notaio Maculan - si legge - a fronte delle rimostranze manifestate da Borella, si metteva a urlare aggredendolo verbalmente», come raccontato dallo stesso imprenditore ed ex candidato sindaco costretto a sottoscrivere la quietanza «che ne ha pregiudicato il credito». Segno, continua l'ordinanza, del «rapporto di amicizia e confidenza tra Mangone e il professionista incaricato», perquisito ieri mattina nel suo studio di fronte al Comune di Saonara da otto militari della Guardia di finanza.
Nicola Munaro

Ultimo aggiornamento: 15:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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