Pd e M5s sono al governo, ma vivono una crisi d'identità e di prospettive. La manovra economica lo dimostra

Mercoledì 16 Ottobre 2019
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Caro direttore, 
se non ci fosse di mezzo il destino dell'Italia e quindi di tutti noi, ci sarebbe anche da sorridere del caos che regna nel governo impegnato con la manovra finanziaria. Eccoli quelli bravi ( mica come Salvini...), quelli benvoluti dall'Ue, quelli che hanno fatto calare lo spread e promettevano riforme e ripresa. Sono impantanati nella manovra. Litigano ogni giorno. Annunciano nuove imposte, poi se le rimangiano 24 ore dopo. Se fossero andati al governo con il voto degli italiani potremmo almeno dire che ce la siamo voluta. Ma non è nemmeno così.


G.F.Treviso 

Caro lettore, 
la caduta del governo giallo-verde ha offerto a Pd e M5s una straordinaria opportunità: mimetizzare le loro difficoltà facendo leva sull'anti-salvinismo e sulla necessità di salvare il Paese da una deriva autoritaria. Ma anche se oggi democratici e pentastellati sono al governo, la loro crisi resta tale. Crisi di strategie, di consensi, di identità e anche di leadership, come dimostra la diffusa difficoltà del centrosinistra e di M5s a individuare a livello locale candidature forti da contrapporre al centrodestra. Essere restati a Palazzi Chigi o, per il Pd, esserci tornati, ha evitato traversate nel deserto e ha permesso di allontanare i tempi e i temi delle verifiche interne. Non ha risolto i problemi.

Lo conferma la riproposizione a livello comunale e regionale dell'alleanza Pd-M5s. Una scelta che risponde alla stessa logica: evitare di fare i conti con lo scollamento che entrambe le forze politiche registrano nei territori, risolvendo con l'aritmetica («Insieme arriviamo oltre il 40 per cento», ha ricordato Zingaretti) le difficoltà politiche. Ma se i consensi sono fondamentali, è altrettanto vero che i voti, da soli, senza il sostegno di una strategia, rischiano, come ha dimostrato Salvini, di non portare molto lontano. Di scontrarsi con la dura legge dei fatti e della realtà. La genesi tormentata della manovra finanziaria di questi giorni dovrebbe far suonare qualche campanello d'allarme nei settori più avvertiti del centrosinistra. Il rissoso confronto tra Pd, M5s e renziani, la liturgia delle mance elettorali, l'evidente assenza di un disegno capace di andare oltre le sortite propagandistico-ideologiche (tasse sulle merendine e dintorni), sono lì a dimostrare che non basta una maggioranza parlamentare assistita dall'occhio benevolo dell'Europa e avvantaggiata dallo spread sotto controllo, per governare un Paese. Nè tantomeno per riformarlo e portarlo fuori dalle secche di una recessione.
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