Abdul, il medico siriano che lavora gratis a 80 anni a Conegliano

Sabato 12 Ottobre 2019 di Angela Pederiva
Abdul, il medico siriano che lavora gratis a 80 anni a Conegliano
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CONEGLIANO (TREVISO) «Mi so che l'è musulman, ma l'è un bravo cristian». E con questa frase nel cuore, pronunciata da una signora che allo sportello insisteva allo sfinimento per ottenere una prenotazione nel suo ambulatorio, alla soglia degli 80 anni il dottor Abdul Fattah Bastati effettua visite, stila diagnosi, prescrive terapie. Ma non in una clinica privata, bensì nella sanità pubblica, come ha sempre orgogliosamente fatto in quasi mezzo secolo di vita e di professione trascorso a Conegliano, la città che lo accolse da giovane specializzando arrivato dalla Siria e che tuttora lo apprezza come primario emerito di Medicina fisica e riabilitazione, una formula che consente all'Ulss 2 Marca Trevigiana e alla Regione di esaudire il suo desiderio senza infrangere la legge: «Continuare a lavorare, però gratis, per seguire le persone che non hanno i soldi per curarsi».
 
DA ALEPPO A PADOVADa quando ha iniziato a ricevere un paio di volte alla settimana all'ospedale De Gironcoli (salvo una pausa di alcuni mesi, per un problema burocratico ora in via di risoluzione), Bastati non ha mai voluto parlare pubblicamente di questa sua attività di volontariato, che affianca a quella prestata all'associazione Fiorot in particolare a favore delle donne operate di tumore al seno. Se accetta questo colloquio con Il Gazzettino, è solo per portare la sua testimonianza di medico in tempi difficili per la sanità anche del Veneto, a causa della carenza di specialisti che ha portato la Regione a deliberare da un lato l'assunzione dei giovani laureati e abilitati, dall'altro il richiamo in servizio dei pensionati: due profili in cui il 79enne riconosce altrettante fasi della sua esperienza lavorativa. 
Il primo capitolo è cominciato nel 1963. «Avevo finito il liceo racconta e volevo entrare alla Sorbona o a Oxford, perché fin da ragazzino sognavo di diventare medico, ma all'epoca bisognava aspettare due anni per ottenere risposta alla richiesta di iscrizione. Un giorno il console italiano ad Aleppo, che era socio in affari con mio papà, diede un consiglio ai miei genitori: Mandatelo a Padova, dove c'è la migliore Università di Medicina nel mondo. E non conoscevo una parola di italiano, parlavo solo arabo e francese. Una volta arrivato, andai in cerca di una stanza. Chiesi aiuto a un collega di studi, perché mi facesse da interprete. Durante la conversazione con la padrona di casa, gli sentii ripetere più volte: È siriano, è siriano. Poi il mio amico mi spiegò che la signora voleva essere rassicurata sul fatto che non fossi meridionale... Per cinque anni, dal 15 maggio al 15 ottobre, mi sono mantenuto facendo il commesso a Venezia, in un negozio di souvenir vicino al Ponte di Rialto».
IN CORSIAFinché nel 1971, quando era ancora uno specializzando in Ortopedia, Bastati venne destinato all'ospedale di Conegliano. «Una volta alla settimana ricorda andavo a lezione a Padova, mentre gli altri giorni li trascorrevo in corsia al Santa Maria dei Battuti. Mi dicevano: Se hai dubbi, chiedi. E così facevo. Per questo sono d'accordo con il governatore Luca Zaia, quando sostiene che l'importante è essere laureati e abilitati, dopodiché si apprende il resto dai maestri sul campo, com'è stato per me con il professor Mincione: il primario aveva portato da Milano delle metodiche innovative e io, che non sapevo neanche fare i gessi, osservavo e imparavo. Arrivato a novembre, ebbi il primo giorno di riposo ad agosto dell'anno successivo...». Poi vennero la cittadinanza italiana, la seconda specializzazione in Fisiatria, tre figli, l'incarico di primario dal 1988, la direzione del dipartimento dal 2001. Fra i mille aneddoti, uno: «Ero in Ortopedia, una paziente era ricoverata per una patologia paralizzante. Durante il giro di visite, il primario fu perentorio: Purtroppo questo piede non riprenderà la sua funzionalità. Ovviamente io rimasi zitto, ero solo uno specializzando, ma lei scoppiò a piangere. Più tardi tornai da lei e mi sedetti sul letto, cercando di consolarla: Non faccia così, a volte i dottori sbagliano. La signora si fece seguire da me, ma naturalmente il professore aveva ragione, il recupero fu davvero minimo. Eppure un giorno me la vidi venire incontro con il sorriso sulla faccia e una busta in mano per me: dentro c'erano un pacchetto di Marlboro e dieci caramelle. Saranno passati 45 anni, ma a pensarci mi commuovo ancora».
IL MECCANISMOIl secondo capitolo è iniziato il 1° gennaio 2007, quando Bastati ha compiuto 67 anni, l'età lavorativa massima prevista dalla normativa per i medici ospedalieri. Da allora il primario, diventato nel frattempo emerito, è andato in pensione, ma in forza di una delibera dell'allora Ulss 7, ha continuato a esercitare nel pubblico senza arrendersi all'idea di transitare nel privato. «Non ho mai voluto svolgere la libera professione: con quale faccia potrei dire a un ammalato che deve aspettare magari mesi per una visita, a meno che non voglia pagare e allora possono bastare pochi giorni? So che altri miei colleghi non si pongono problemi e hanno il diritto di non porseli, ma io sono fatto così ed è così che mi sento libero. Libero di non sembrare uno che approfitta delle disgrazie della povera gente». 
Il meccanismo è questo: i pazienti si fanno fare l'impegnativa dal medico di base e poi vanno nella segreteria del reparto, chiedendo espressamente di essere visitati dal primario emerito e pagando solo il ticket sanitario, se dovuto. «Curo soprattutto gli anziani sottolinea persone che seguo anche da trenta o quarant'anni. Sarei potuto andare nei centri privati e guadagnare 150 euro a visita, ma moralmente non potrei mai chiederli a pensionati che ne prendono 500 al mese. Nel mio piccolo cerco di concorrere a ridurre un po' le liste di attesa, che tendono ad essere molto lunghe a causa dell'allungamento della vita media e dell'alta incidenza dell'artrosi. Penso che continuerò fino a quando mi sentirò in grado di farlo: certo, alla mia età non andrei più in sala operatoria, ma in ambulatorio ancora sì. E noi vecchi, a fronte di una programmazione universitaria attualmente insufficiente, possiamo dare il nostro contributo».
I MIGRANTIDa ex migrante, il dottor Bastati vive con particolare sofferenza le immagini delle tragedie del Mediterraneo, tanto più perché coinvolgono anche il suo popolo. «Della mia famiglia in Siria confida sono rimasti solo i vecchi e le donne, mentre purtroppo tutti gli uomini più giovani sono morti o sono scappati, in quanto oppositori del regime di Assad. Un po' di tempo fa alcuni miei nipoti mi hanno avvisato via WhatsApp che erano arrivati in Libia e mi sono spaventato, pensando ai drammi dei barconi. Mi sono offerto di pagare loro un biglietto aereo fino a Venezia, ma mi hanno detto: Zio, cosa veniamo a fare in Italia, se non avete lavoro neanche per i vostri?. Così hanno preferito proseguire oltre: in Inghilterra, in Germania, in Danimarca». Il dottor Abdul rimane qui, con un po' di nostalgia per l'Eufrate che non vede dal 2009, l'ultima volta in cui è tornato nella sua terra con la gita del Rotary Club.
Angela Pederiva
Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 14:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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