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Handke e Tokarczuk sono ottimi autori, ma al Nobel è mancato il segnale di "svolta"

Giovedì 10 Ottobre 2019 di Riccardo De Palo
Peter Handke e Olga Tokarczuk
Con le vittorie della polacca Olga Tokarczuk del Nobel per la letteratura dell’anno scorso (quello saltato a causa dello scandalo) e dell’austriaco Peter Handke per il 2019, l’Accademia di Stoccolma ha premiato due scrittori di grande livello, ma non ha dato il segnale di “svolta” che molti si aspettavano. Con l’autrice de “I vagabondi”, è stata scelta un’autrice di nicchia, sebbene di grande livello, che ora sicuramente sarà ristampata e letta con attenzione; il grande Peter Handke, invece, non ha bisogno di presentazioni e i suoi lavori (come scrittore, drammaturgo ma anche come sceneggiatore con Wim Wenders e “Il cielo sopra Berlino”) riescono a raccontare l’avventura dell’esistenza umana da un punto di vista particolare, quello dell’artista capace di un’infinita gamma di colori e di generi, che sa come scuotere, provocare il lettore e ottenere la sua attenzione.

Nobel letteratura a Olga Tokarczuk e Peter Handke

Se il Nobel fosse andato a Margaret Atwood, il segnale sarebbe stato più univoco, dopo lo scandalo per le molestie e l’epoca del #MeToo: “Il racconto dell’ancella” e il sequel “I testamenti” uscito da poco avrebbero sicuramente scosso le coscienze, in linea con il volere del presidente della giuria Anders Olsson, che auspicava maggiore inclusione. In realtà, Olga Tokarczuk è tutt’altro che sconosciuta in patria, dove ha raccolto il testimone di autrice “portabandiera” dopo la morte di Wisława Szymborska. “I vagabondi” ha già vinto, tra l’altro, il Man Booker International Prize: una costellazione di racconti accomunati dal tema del viaggio, sulla libertà di spostarsi da un luogo all’altro. Altri suoi lavori precedenti erano altrettanto originali e ambientati nella Polonia profonda,  “Nella quiete del tempo” e “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti”.

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Quanto a Peter Handke, ottiene un meritatissimo riconoscimento che riporta sotto i riflettori un autore sfuggente e controcorrente. Altri eterni favoriti, come Philip Roth e Jorge Luis Borges, non hanno avuto lo stesso onore.
Un altro segnale stonato è la mancanza, ancora una volta, di nomi non europei (dettaglio annunciato alla vigilia dallo stesso Olsson). Si presume che, in fase di votazione, il dibattito dev’essere stato molto aspro e serrato.

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