La metamorfosi del Movimento 5stelle e la fine della diversità grillina

Venerdì 13 Settembre 2019
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Caro Direttore
francamente non ricordo negli anni della prima e della seconda Repubblica ministri uscenti sgomitare ed accapigliarsi per un posto da sottosegretario. Sostanzialmente per una questione di dignità, che suggerisce che non si fa il mozzo in una nave di cui si è stati capitano. Ma in questo clima da basso impero vediamo uno dopo l'altro cadere i principi da sempre sbandierati dai 5 Stelle a riprova della loro diversità, l'uno vale uno, la trasparenza dello streaming, e adesso tocca allo spregio per l'attaccamento alla poltrona. La verità è che la Roma ministeriale e papalina da sempre riesce a smorzare tutti gli slanci giacobini, lasciando solo la demagogia, ad uso di noi cittadini; almeno quelli che ancora ci credono.

Umberto Baldo

Caro lettore,
recita un vecchio adagio: si nasce rivoluzionari e si muore conservatori. Il M5s si può dire che ha ampiamente anticipato i tempi. Nato per sconvolgere il sistema, per rivoltarlo come un calzino ne è stato rapidamente risucchiato, diventandone parte integrante. Sia chiaro: il processo di istituzionalizzazione dei movimenti radicali è un percorso classico, che ha coinvolto molte forze politiche e molti aspiranti rivoluzionari nel corso della storia. Di queste dinamiche si è occupato il sociologo Francesco Alberoni in alcuni suoi fortunati libri (prima Movimento e istituzione, poi Innamoramento e amore) Ma la metamorfosi di M5s fa caso a sé. Dal momento dell'ingresso nell'odiato (prima) palazzo, il Movimento si e' progressivamente allineato, se non a parole certamente nei fatti, agli stili della vecchia politica. Proprio quella che i ribelli grillini del vaffa volevano distruggere e cancellare. E ne ha purtroppo assimilato i vizi (molti) più che le virtù (poche). La guerra che si è scatenata in questi giorni dentro il Movimento per un posto, qualunque esso sia, da sottosegretario ne è la prova più evidente. E rappresenta la fine della diversità pentastellata.
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