Cortina. Dieci anni dalla tragedia di Falco elicottero Soccorso Alpino

Giovedì 22 Agosto 2019 di Marco Dibona
Rio Gere decennale tragedia di Falco
CORTINA (BELLUNO) -  L’arrivo dell’elicottero del Suem a Rio Gere, durante la commemorazione del decennale del disastro aereo, ha fatto riandare tutti con la mente a quel pomeriggio piovoso del 22 agosto 2009, quando Falco cadde e morirono quattro uomini, impegnati in una ricognizione sul Ru de ra Graes, che scende dal Cristallo, in località Inpó Pontió. Ieri centinaia di persone sono tornate lassù, nel decennale della morte del tecnico di elisoccorso Stefano Da Forno, del pilota Dario De Filip, del medico anestesista Fabrizio Spaziani, del tecnico e copilota Marco Zago. La messa è stata celebrata a Rio Gere, nel timore dell’inclemenza del tempo; alla fine della messa i mezzi del Cnsas hanno trasportato quanti hanno voluto salire sino all’edicola sacra, addossata alla roccia, costruita dai colleghi del soccorso alpino.
 
«Alziamo la preghiera al Signore, per chi ha dato la vita durante un soccorso, in un atto di eroismo, di santità, come ha riconosciuto papa Francesco», ha esordito don Ivano Brambilla parroco di Cortina. «Dieci anni dopo c’è una novità importante: oggi sono stati posti segnali per rendere visibili quei cavi. E’ un punto di partenza», commenta Rodolfo Selenati, a capo del Cnsas Veneto. «Diciamo grazie all’impegno del comitato che ha reso possibile questo, ma siamo sconsolati perché ci aspettavamo atti concreti dalla commissione che sta lavorando a una legge dello stato, in un panorama nazionale. Dopo il caos di questi giorni, auspico che ci siano politici di buona volontà, che portino a termine il lavoro». Lo affianca Fabio “Rufus” Bristot, della direzione nazionale Cnsas: «Quello di oggi è un gesto simbolico importante, ma non risolve il problema. Ci sono migliaia di linee da segnalare, in tutta Italia. Ci sono stati 55 morti, fra soccorritori, vigili del fuoco, militari, altre istituzioni che usano aeromobili per le loro attività. E’ un gesto emotivo, ma non è cambiato nulla: ora bisogna tradurre le emozioni in norme». Ancora più deciso il commento di Alex Barattin, a capod ella delegazione bellunese Cnsas: «Le medaglie non scaldano il cuscino a nessuno. Ci vogliono norme precise, servono le leggi che obblighino a rendere visibili i cavi in aria e a visualizzarli sul terreno. Oggi è una occasione importante, ma noi ricordiamo tutti i giorni i nostri morti e le loro famiglie. Nel 2012 è stata varata una norma regionale, ma poi servono linee guida concrete. L’idea di partenza è buona, se c’è la volontà politica, se si trovano le risorse. Noi siamo disponibili a dare una mano». Sul lavoro svolto ieri, Barattin conclude: «Quelle sfere fissate ai cavi sono un simbolo: fanno capire che i cavi devono essere segnalati, almeno qui, dove è caduto Falco. Malgrado questo intervento, si fa ancora fatica a vederli. Serve una operazione per la loro luminescenza, così da vederli anche al buio, visto che si parla di volo notturno. E poi ci vuole la marcatura sulle mappe». Il silenzio del raccoglimento, della preghiera, dell’abbraccio caldo e affettuoso alle madri, ai familiari dei quattro morti, si contrappone alle voci che si alzano per reclamare un dato che parrebbe scontato: «Vogliamo essere messi in condizioni di lavorare in sicurezza, quando usciamo per soccorrere chi ha bisogno di noi». Il volo dell’elicottero del Suem sopra la cerimonia ha suscitato forti emozioni nella gente. Il velivolo è diverso, il colore è cambiato, ma quello resta Falco, soprattutto per chi c’era, quel giorno di dieci anni fa, accorso per la chiamata più devastante, per l’intervento più difficile: recuperare il corpo di un amico, un collega, oppure per documentare la strage, per mostrarla al mondo. Nella sua omelia, il parroco conclude: «Le vostre preghiere oggi sono la ricchezza della Chiesa. Oggi celebriamo questa messa perché qualcuno possa ancora fare qualcosa per quei quattro uomini»
Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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