Rifugi deserti: «Colpa dei continui allarmi infondati dei siti meteo»

Domenica 18 Agosto 2019
Il rifugio Biella in una foto di repertorio
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BELLUNO - Rifugi deserti o con pochi intimi che si godono il silenzio delle crode e sole che splende alto nel cielo sgombro di nuvole: siamo in piena estate, ma non è un sogno. È il quadro reale con il quale hanno dovuto fare i conti, loro malgrado, i gestori dei rifugi che nelle scorse settimane, nonostante il tempo bello, hanno rifocillato un numero esiguo di escursionisti. Cos'era successo? Allarmi meteo lanciati da siti inattendibili in base a previsioni elaborate su basi non esattamente scientifiche. Risultato: gite cancellate, sentieri di montagna senza anima viva e gestori dei rifugi che a quel punto avrebbero potuto tranquillamente chiudere baracca e burattini e concedersi un giorno di riposo.

 
«La normativa non lo consente -spiega Mario Fiorentini gestore del rifugio Città di Fiume e presidente della neonata associazione dei rifugisti- dobbiamo garantire ospitalità a chi si avventura lungo i segnavia...».

Un obbligo che tuttavia cozza con la dilagante abitudine di gridare al lupo, al lupo paventando catasfrofi che poi non solo non si avverano, ma vengono sconfessate nella realtà dei fatti, da giornate meteorologicamente perfette. Che fare?
Il rifugio lavora essenzialmente con due categorie di clientela: la prima è costituita da esperti, veri appassionati che programmano l'uscita, magari di più giorni, con largo anticipo, anche di mesi, prenotando i posti letto dislocati lungo il percorso studiato a tavolino.
IL TEMPORALE
Questa tipologia di appassionati non si ferma davanti a un temporale, presunto o effettivo: si regola per evitarlo, anticipa o ritarda l'attacco di un sentiero, ma non annulla l'escursione; per gli operatori delle strutture in quota questo zoccolo duro di clienti, spesso del nord Europa costituisce un vero tesoretto sul quale fare affidamento. Esiste poi una vasta fetta di gitanti che invece sceglie all'ultimo momento la meta la meta da raggiungere: si tratta spesso di gente con minime cognizioni di montagna che tende a regolarsi sulla base di previsioni spesso raccolte in rete da siti non sempre affidabili. A una situazione di oggettiva difficoltà nel regolare le attività di chi si sbizzarrisce sul web anticipando disastri che poi non avvengono, si aggiunge la parte istituzionale: anche il dipartimento di Protezione civile della Regione dirama allarmi meteo su una scala di gravità variabile ai quali poi non sempre fanno seguito eventi effettivamente disastrosi. D'altra parte è più facile alzare l'attenzione sperando che poi non succeda nulla, piuttosto che tacere e dover poi fare i conti con alluvioni e frane. Un bel problema. Con il cerino in mano rischiano di restare sempre più spesso proprio i gestori dei rifugi ai quali però si chiede un impegno totale e costante per lo sviluppo del turismo. Se n'è parlato a un recente incontro al rifugio Scarpa al quale hanno preso parte tra gli altri il previsoro dell'Arpav Thierry Robert Luciani e molti gestori dei nostri rifugi
LE SCELTE
«Nessuno critica le scelte del prefetto -spiega Fiorentini- è giusto che una figura istituzionale al di sopra delle parti prende decisioni per l'incolumità e la sicurezza collettiva, ma forse andrebbe studiata una formula che tuteli anche la nostra sopravvivenza». In questo solco si inserisce il rapporto proprio tra Arpav e prefettura: «Un primo passo da compiere -ha spiegato Luciani- sarebbe restringere i confini delle possibili precipitazioni più consistenti soltanto a zone ben delimitate, senza alalrgare ad aree più vaste l'allarme; questo passaggio è possibile solo se tra previsore e decisore esiste un rapporto di stima e fiducia; andrebbero poi scartate tutte le previsioni meteo che si spingono oltre ai due-tre giorni: è impossibile prevedere che tempo ci sarà tra ciqnue, sei, sette giorni e chi lo fa non è attendibile». Un ulteriore passaggio è la costituzione di un tavolo al quale siedono previsori ufficiali, istituzioni e operatori al quale spetta il compito di concordare portata e durata delle possibili emergenze. Qualcosa in questa direzione è stato fatto in occasione di Vaia: la tempesta venne annunciata e gli avvisi di criticità funzionarono. Ora si tratta di proseguire su quella strada affinando tempi e modi: i rifugi non devono restare deserti.
Giovanni Longhi
Ultimo aggiornamento: 14:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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