Bombe su San Marco, quel 14 agosto e la strage dimenticata in fondo alla laguna

Mercoledì 14 Agosto 2019 di Raffaella Ianuale
Bombe su San Marco, quel 14 agosto e la strage dimenticata in fondo alla laguna
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Ormai i pochi rimasti ad avere memoria diretta di quanto accaduto sono molto anziani. E il timore che con loro se ne vada anche il ricordo dei famigliari deceduti diventa incombente. Sta diventando una battaglia di cuore, per una ferita sicuramente rimarginata, ma che ha lasciato una cicatrice che ancora fa male. Malgrado siano trascorsi 75 anni da quella tragica mattina in bacino San Marco, il pensiero è ancora nitido. «Salutai mio padre quella mattina, non ero solito farlo, eppure non so perché gli dissi ciao papà, lui mi guardò e prese la porta. Non l'ho più rivisto». Gioachino Ghezzo, ad ottobre compie 87 anni. Dice che le gambe ora faticano un po' e che gli anni si fanno sentire eppure il suo viaggio a ritroso lo conduce dritto a quella mattina del 14 agosto del 1944, quando ci fu l'incursione aerea in bacino San Marco. All'epoca aveva 12 anni. Alcune mitragliate sparate dal cielo e i morti alla fine furono una cinquantina. Tra questi suo padre Amerigo, telegrafista alle poste, deceduto sotto i colpi di tre caccia bombardieri. Aerei alleati, ma la guerra fa anche questo, uccide civili.
LA VICENDA
Quella mattina tre caccia bombardieri hanno sorvolato bacino San Marco puntando la nave ospedale tedesca Freiburg ormeggiata tra la punta della dogana e l'isola di San Giorgio. Iniziarono a sparare, ma la prima mitragliata ha colpito la motonave che collegava Venezia a Chioggia uccidendo ventiquattro persone. Poi una seconda sferzata di colpi che questa volta si sono scaricati su un secondo battello che si era da poco allontanato da Riva degli Schiavoni per raggiungere Fusina. A bordo c'erano uomini, donne, ma anche bambini diretti in campagna per cercare di raccogliere un po' di cibo da portare alle loro famiglie in una città che in periodo di guerra aveva ben poco da offrire. Gli aerei alleati scaricarono in bacino anche quattro bombe. Alla fine i morti furono quarantanove. «Ma sui numeri non ci sono certezze, perché alcune persone sono decedute a distanza di tempo a causa delle ferite riportate» racconta il signor Ghezzo che da 75 anni chiede una lapide o in cippo in ricordo dei civili uccisi quella mattina. Al sessantesimo anniversario dalla tragedia, nel 2004, aveva scritto al sindaco di allora e anche a Il Gazzettino, chiedendo aiuto in questo suo appello di apporre una targa con i nomi delle vittime. Un appello caduto nel vuoto. E quindi ora, tenace, ci riprova perché non cali l'oblio su questa vicenda: ha quindi inviato una nuova lettera al sindaco e si è rivolto nuovamente a Il Gazzettino. «Chiedo una targa da apporre tra Punta della Dogana, l'isola di San Giorgio e le Zattere dove si consumò la tragedia - dice - a Malamocco è stato messo un cippo per ricordare le vittime, a Venezia nulla».
IL COMUNE
La sua lettera, inviata al Comune di Venezia, è arrivata alla scrivania dell'assessore alla Toponomastica Paola Mar. «Ogni richiesta viene valutata e avendo una formazione storica sono molto sensibile a queste cose - premette l'assessore Mar - cercherò di dare seguito alle richieste di questi cittadini anche se non bisogna scordare che Venezia, e in particolare la zona di San Marco, ha molti vincoli imposti anche dalla Sovrintendenza. Quindi cercando di superare tutte le difficoltà che una città come Venezia impone, e senza imposizioni sui luoghi, vedrò di valutare e dare una risposta, mi auguro positiva, a questa richiesta e in tempi brevi».
Perché quella del bombardamento in bacino San Marco sembra una tragedia dimenticata. Rimane la forza di Gioachino Ghezzo che si è rivolto più volte al Comune delle passate amministrazioni, all'Università, alle istituzioni per ottenere un ricordo delle vittime. «Quella mattina i morti vennero distesi lungo Riva degli Schiavoni e coperti con un lenzuolo - ricorda- noi famigliari riconoscevano i nostri cari dalle scarpe, le uniche rimaste scoperte dal telo bianco. I feriti invece furono portati al pian terreno dell'hotel Metropole, trasformato in ponto soccorso di fortuna». I funerali delle vittime furono collettivi e si svolsero in una affollatissima Basilica di San Marco con le bare che hanno attraversato la piazza portate a spalle dagli amici.
LA MAPPATURA
«La memoria legata ai bombardamenti è molto complessa, spesso vive nelle piccole comunità, come ad esempio le parrocchie, o nei ricordi delle famiglie, ma poco nelle istituzioni» spiega Marco Borghi, direttore di Iveser, l'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea. Quello del bacino di San Marco non fu infatti l'unico bombardamento che fece molte vittime tra i civili, ci fu pure l'affondamento del Giudecca a Pellestrina e i bombardamenti in marittima a Santa Marta e in via Piave a Mestre del marzo 1944. «Tra il 43 e il 45 furono circa diecimila in Veneto le vittime di guerra tra i civili - prosegue Borghi - morti che faticano ad avere una memoria pubblica, come invece succede ad altri, penso ad esempio alle vittime delle stragi o del dovere». Per questo Iveser ha in cantiere un ambizioso progetto di mappatura dei bombardamenti avvenuti in Veneto. «Riteniamo - conclude - sia un lavoro molto importante che potrebbe consolidare un senso comune di comunità e restituire pubblicamente tutte le forme di sofferenza e lutto vissute in questo tremendo periodo di guerra».
Raffaella Ianuale
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Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 14:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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