Belluno. Turisti sempre più impreparati a spasso per le montagne: allarme soccorsi

Lunedì 12 Agosto 2019 di Federica Fant
Belluno. Turisti sempre più impreparati a spasso per le montagne: allarme soccorsi
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BELLUNO - Sempre più impreparati in montagna e i soccorsi si moltiplicano. Sono ormai circa 500 ad oggi gli interventi di recuperi in montagna. A pesare, come accade a ogni stagione, gli sprovveduti che si avventurano in montagna non adeguatamente equipaggiati. Quest'anno si viaggia anche con almeno due interventi alla settimana per escursionisti intrappolati negli schianti di Vaia. Sono ormai una ventina i soccorsi del Cnsas, destinati a crescere. Anche in questo caso l'escursionista si mette nei guai per la sfida alla natura: alla vista degli schianti si avventura lo stesso e alla fine non riesce più ad andare avanti o indietro.
 
I CASIIl delegato del Soccorso alpino delle Dolomiti bellunesi, Alex Barattin, spiega quali sono i casi più frequenti. Sottolinea anche la superficialità di chi effettua un viaggio con i tour operator e che arrivano sulle Dolomiti, come tappa di un giorno dopo Venezia e altre città, senza il giusto equipaggiamento. Ma c'è anche di chi prenota un rifugio e poi non ci va, creando una sorta di allarme, perché il gestore, preoccupato, spesso deve avvisare che l'ospite non è arrivato a destinazione. C'è poi, chi, ha calzature idonee, ma che spesso non sono adeguate per la sua preparazione atletica e molto spesso, a subirne le conseguenze, sono le caviglie. «Cominciamo col dire - spiega Barattin - che l'estate è partita con un buon afflusso di persone e visitatori e quindi, come accade ogni anno, a tanti escursionisti corrispondono parecchi interventi». «Influisce sicuramente - prosegue il capo del Cnsas - una scarsa preparazione fisica, accompagnata da una pianificazione delle gite che spesso non è alla portata di chi non si è allenato. Ecco che si registrano molti affaticamenti e malori che dipendono dal caldo e dal fatto che non si mette nello zaino abbastanza acqua o integratori, come frutta o barrette». 
IL PROBLEMAL'allarme dal rifugio è sempre più frequente, in particolare quest'anno. «Capita - spiega il soccorso alpino - che si prenoti il pernottamento in un rifugio e poi non si comunichi che si è cambiato idea. Molto spesso questo crea disagi sia per il gestore del rifugio, che non vedendo arrivare le persone manda l'allarme. Non si sa mai che abbiano avuto un incidente per strada, solo che questo espone al rischio anche i soccorritori che escono magari di notte». Altre leggerezze: le partenze dai rifugi in ritardo. «Da qualche anno - prosegue Barattin - abbiamo notata che spesso le persone lasciano il primo rifugio a metà pomeriggio. Magari dopo aver già camminato al mattino, inevitabile che a quell'ora la stanchezza comincia a farsi sentire e ci si affatica». 
LE SOLUZIONII consigli del Cnas per una montagna sicura. «Fare tappe predeterminate - suggerisce Barattin - e seguire quelle che sono indicate nelle Alte Vie. Se poi ci sono figli al seguito, sapere che sono loro a dettare i tempi e quindi tarare l'escursione in base alle loro forze». 
IL MORDI E FUGGI«I tour operator sono una forza a livello turistico - spiega il delegato del Cnsas -, fanno arrivare veramente molti visitatori. Il problema è che spesso i viaggi sono organizzati in questo modo: due giorni si passano a Roma, altri due a Firenze, poi un paio a Venezia e infine sulle Dolomiti. Purtroppo però spesso i turisti non hanno abbigliamento né calzature consone per arrivare sul Lagazuoi, piuttosto che sulla Marmolada, e finisce che servono i soccorsi». Le soluzioni? «Magari ipotizzare un servizio per noleggiare giacche a vento, scarponcini - dice Barattin -. Chissà, potrebbe essere una soluzione per far lavorare più persone ed evitare spiacevoli inconvenienti durante una gita in vacanza».
I PIÙ EDUCATI«Se parliamo di persone che arrivano dal Nord Europa, lì c'è solo da imparare - conclude il delegato -. Pianificano il percorso nei minimi dettagli: sono ben equipaggiati, controllano il meteo e sono assicurati. Da noi sono pochi coloro che lo fanno».
Federica Fant
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