Strage di Corinaldo, nella banda il nipote di un boss dei Casalesi. Martedì gli interrogatori

Domenica 4 Agosto 2019
Strage di Corinaldo, nella banda il nipote di un boss dei Casalesi. Martedì gli interrogatori

Strage di Corinaldo, «cominceranno martedì gli interrogatori di garanzia nel carcere di Modena per i sette arrestati». Dopo le accuse della procura di Ancona che li inchioda alla responsabilità di aver provocato sei morti, la notte fra il 7 e l'8 dicembre alla discoteca la Lanterna Azzurra di Corinaldo, i sette arrestati potranno raccontare la loro verità.  Lo riferisce all'Adnkronos l'avvocato Pietro Chianese nel collegio difensivo dei giovani finiti in cella con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti con strappo e rapine e di omicidio preterintenzionale. 

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Sfileranno dinanzi al gip: Ugo Di Puorto, 19 anni di San Prospero (Modena), Andrea Cavallari, 20 anni di Bomporto (Modena), Moez Akari, 22 anni residente a Castelnuovo Ranone (Modena), Raffaele Mormone, 19 anni di San Cesario sul Panaro (Modena), Badr Amouiyah, 19 anni residente a San Prospero (Modena) e Sohuibab Haddada, 21 anni residente a di Bomporto (Modena).

IL RICETTATORE
La settima persona che dovrà essere ascoltata dal giudice è il 65enne accusato invece di comprare le collane d'oro, Andrea Balugani di  Castelfranco Emilia.  Secondo le indagini, ogni mese la banda dopo i furti vendeva circa mezzo chilo d'oro, portando a casa 15mila euro in contanti.

IL PICCOLO BOSS, "FIGLIO D'ARTE"
Figura centrale della banda è però Ugo di Puorto di origine casertane e della serie 'buon sangue non mentè: il 19enne è figlio di Sigismondo Di Puorto, detto Sergio,48 anni,  di San Cipriano di Aversa (Caserta) detenuto per due condanne per associazione camorristica ed estorsione  con collegamenti con il clan dei Casalesi, proprio una settimana fa è stato trasferito dal carcere di Voghera ad un carcere di massima sicurezza in Sardegna (ma non è detenuto al 41 bis).   

Sigismondo Di Puorto compariva in diverse estorsioni dopo la cattura del boss Raffaele Diana alias Rafilotto prima e Nicola Schiavone (figlio di Sandokan) dopo. Quest'ultimo si era fatto la residenza  a Modena  e 'Sergiò era prima diventato il suo autista e poi il suo successore quando Nicola Schiavone, figlio del capoclan era stato arrestato.  Quando Sigismondo fu arrestato a San Cipriano nell'abitazione dove era stato ospitato, in una camera da letto, vennero rinvenuti, oltre ai suoi abiti firmati ed effetti personali tra cui una foto del figlio Ugo, anche una parrucca bionda con capelli lunghi che utilizzava per i suoi spostamenti.

Ancora, nella famiglia Di Puorto  c'è pure il nonno di Ugo, omonimo dell'arrestato per i fatti di Corinaldo, hanno nome e cognome uguali,è detenuto agli arresti domiciliari per intestazioni fittizie al clan dei Casalesi. Poi infine c'è lo zio del 19enne, Pasquale Di Puorto, (fratello di Sigismondo)  è l'unico detenuto al 41 bis. Era proprio Pasquale Di Puorto uno dei boss dei Casalesi guardaspalle del figlio di Nicola Schiavone (figlio Francesco Schiavone detto Sandokan) che all'epoca ufficialmente senza reddito,fu fermato a Modena alla guida di una Ferrari 430 noleggiata versando 18 mila euro come deposito cauzionale.   Tutti specialisti in richieste estorsive con vere spedizioni punitive a commercianti e imprenditori di origini casertane. Pensavano insomma tutti  di vivere come i gangster nel film Scarface con Al Pacino. Spesso nullafacenti, facevano la bella vita nei locali notturni, tra champagne e ballerine. Ora sono tutti in carcere.

I COMPITI NELLA BANDA
Saranno passate al setaccio le posizioni di Raffa, sodale di Ugo, il più abile a far sparire la refurtiva, il 'maestro del gas' Moez, l'altro esperto di spray, Sua. E Badi, talmente abile negli strappi che la sera di Corinaldo aveva pensato di rapinare pure Sferaebbasta, il trapper per il quale tutti quei ragazzi si erano radunati in discoteca. Chi non potrà raccontare quello che è successo è Eros. Gli altri ragazzi lo piangono come un fratello, visto che in aprile, pochi mesi dopo i fatti di Corinaldo, è morto in un incidente stradale.

E che è l'unico, nelle intercettazioni che hanno portato agli arresti, che mostra qualche segno, se non di pentimento, almeno di consapevolezza del fatto che il loro «giochino» ha provocato sei morti. Spetterà alle indagini capire anche il livello di coinvolgimento di alcuni dei loro amici che, anche se non direttamente coinvolti nella vicenda di Corinaldo, avrebbero comunque fatto parte, a vario titolo, della banda che avrebbe messo a segno una sessantina di colpi in discoteche e locali del nord Italia.

Non solo. Si dovranno capire anche le relazioni con le altre bande del nord Italia che lavoravano allo stesso modo: i 'modenesì avevano un rapporto molto conflittuale, ma fatto anche di una forma di rispetto, con i 'genovesì. Spesso si spartivano tacitamente le zone d'influenza, non di rado si pestavano i piedi. Poi c'erano i 'torinesì considerati però più inaffidabili: a loro dire alcuni di questi sarebbero coinvolti nei fatti di piazza San Carlo dove, per una situazione alla fine non troppo diversa da Corinaldo, morirono due persone.

Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 15:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA