Foto hot e ricatto: «Sono minorenne». Cade in una trappola che gli costa il bar e il patrimonio

Lunedì 22 Luglio 2019
Foto hot e ricatto: «Sono minorenne». Cade in una trappola che gli costa il bar a Montebelluna e il patrimonio
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MONTEBELLUNA (TREVISO) - Il copione è sempre lo stesso: si conoscono in chat, prendono confidenza, si scambiano foto intime, e poi scatta il ricatto. E nonostante questo, ci cascano sempre. E' successo anche a un 49enne proprietario di un bar a Montebelluna che sulla chat di Facebook, è caduto nella tela di una donna residente in Liguria.

L'amicizia e le foto hot, poi il ricatto: "Sono minorenne"
E' febbraio del 2016. La confidenza, gli ammiccamenti, e poi le foto a sfondo sessuale. Peccato che, dopo qualche setitmana, la donna lo ha contattato via chat e gli ha rivelato di essere minorenne, chiedendo seimila euro in cambio del suo silenzio. Il 49enne ha accettato e pagato, tramite paysafecard.
 
L'hacker per ripulire il pc
Qualche giorno l'uomo ha raccontato l’episodio ad un’altra amica di Facebook, da lui conosciuta come “Laura”, anch’ella residente in Liguria, che si è resa disponibile ad aiutarlo presentandogli un hacker che, da remoto, avrebbe ripulito dalle foto e dai dati compromettenti, sia il suo computer che quello della fantomatica minorenne. Il giorno successivo all’operazione “di pulizia” effettuata dall’hacker, il 49enne però è stato nuovamente contattato dalla minorenne che gli ha chiesto ulteriori quattromila euro, dato che si era era accorta di un tentativo di intrusione sul suo computer, che riconduceva a lui.

Nuovo pagamento
Impaurito per la nuova richiesta di denaro, il barista montebellunese ha ricontattato l’hacker spiegandogli l’accaduto. L'hacker, ovviamente, si è reso disponibilissimo ad andare fino a Montebelluna, prendere in consegna il denaro (più duemila euro di compenso personale per la fatica) e chiudere la faccenda con la presunta ragazzina. Il barista, ancora una volta, ha accettato, consegnato i soldi, e sperato che fosse finita.  
 
Il finto arresto e le minacce

Dopo qualche mese, nell’autunno del 2016, l’hacker ha contattato il barista e gli ha chiesto la somma di 10.000 euro, poiché si trovava in difficoltà economiche per il pagamento di spese legali conseguenti ad un arresto che, asseriva di avere subito in Venezuela. Al tentativo di resistenza da parte del 49enne, l’hacker ha minacciato di denunciarlo all’A.G., facendogli presente che dopo avere “ripulito” il suo computer, aveva salvato tutto il materiale pedopornografico su una chiavetta USB. 

La paura, i pagamenti e il bar a Montebelluna che vola via

Decisamente impaurito per tale eventualità e dietro continue pressioni da parte dell’hacker, il barista, nel periodo compreso tra settembre 2016 e settembre 2017, gli ha corrisposto l’intera cifra, in varie tranche da 500 fino 1.000 euro e sempre tramite paysafecard, un totale di circa 25.000 euro. E per far fronte a tali ingenti richieste di denaro, si è visto costretto a cedere la sua attività.  
 
L'ultima goccia e la denuncia
Agli inizi del mese di ottobre 2017, a fronte di un’ulteriore richiesta di 6.000 euro pervenutagli da un sedicente appartenente alla polizia postale che lo ricattava rappresentandogli di essere in possesso di una chiavetta USB contenente materiale pedopornografico per lui compromettente, che avrebbe trasmesso all’A.G. se non avesse pagato la somma richiesta, il 49enne finalmente si è deciso a sporgere denuncia al Nucleo Operativo della Compagnia di Montebelluna.
 
Chi erano davvero la minorenne, l'amica Laura, l'hacker e il poliziotto
Le indagini hanno consentito di identificare una 25enne residente a Ventimiglia, per la fantomatica minorenne e per la famosa “Laura” che aveva messo in contatto il barista con l’hacker, a sua volta identificato per il suo convivente di anni 36. Entrambi gravati da pregiudizi per delitti contro la persona ed il patrimonio, nonché in materia di armi e sostanze stupefacenti. L’attività investigativa ha acconsentito di accertare che tutti i pagamenti effettuati tramite paysafecard, erano stati riscossi dalla coppia.

Altresì veniva acclarato che la telefonata effettuata dal sedicente agente della polizia postale, era stata effettuata proprio dall’utenza telefonica del 36enne. L’esito delle indagini è stato refertato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, con una denuncia per estorsione in concorso. Venerdì 19 luglio 2019 i Carabinieri della Compagnia di Ventimiglia, su delega della citata A.G., hanno eseguito la misura cautelare sottoponendo la coppia agli arresti domiciliari.
Ultimo aggiornamento: 19:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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