Mafia a Nordest. Così la 'ndrangheta gestiva il prestigioso golf club di Jesolo

Domenica 21 Luglio 2019 di Monica Andolfatto
Così la 'ndrangheta teneva in mano il prestigioso golf club di Jesolo
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JESOLO (VENEZIA) - Sono arrivati i calabresi. Tutti sapevano ma sono stati i carabinieri del Ros di Padova ad accendere un faro e illuminare la faccia nascosta di un imprenditore venuto da Torino per rilanciare l'azienda in crisi ma con l'intenzione di tentare l'acquisizione dell'intero complesso e inserirlo a pieno titolo nella sfera d'influenza dell'ndrangheta.

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Bilancio annuo da un milione e duecentomila euro, rischio d'impresa pressoché nullo e soprattutto prestigioso biglietto da visita per entrare nei salotti che contano. Stiamo parlando del Golf Club di Jesolo, uno dei green più rinomati del Veneto. Dallo scorso 18 marzo la società che gestisce la struttura è sotto sequestro su provvedimento della Direzione distrettuale antimafia di Torino, cui la Dda di Venezia nel 2017 ha  trasmesso il fascicolo relativo, aperto nel 2015, non appena si è scoperto che l'uomo chiave delle indagini dei militari dell'Arma, Antonino Defina, calabrese trapiantato in Piemonte, classe 1966, nato a Sant'Onofrio provincia di Vibo Valentia era attenzionato anche nell'ambito di una maxi indagine condotta dalla Procura della 
Repubblica torinese. È lui, l'amministratore unico della New GolfOne con sede a Genova (ex GolfOne costituita il 30 marzo 2011, sede legale a Milano, sede amministrativa a Settimo Torinese) che nel 2014 è subentrata nella gestione del golf per un canone di affitto annuo di 200mila euro. Ed è lui, residente a Moncalieri (Torino) che risulta fra le 17 persone arrestate, appunto il 18 marzo scorso, nell'ambito dell'operazione Carminus, che ha svelato la presenza e i forti interessi economici della cosca dei Bonavota, una della più potenti e temute famiglie del vibonese, da decenni trapiantata al Nord nel regno che fu dei Savoia e decisa più che mai a estendersi anche nel Nordest specie nel ricco Veneto Orientale. Come? Puntando in alto: ai campi da golf, ambienti esclusivi e riservati, dove gira molto denaro, lavatrici ideali per riciclare i soldi della criminalità organizzata. Defina, titolare di una ditta di termoidraulica, per gli affiliati Nino i Palumba, secondo gli investigatori è uno dei colonnelli fidati del boss Bonavota.
LA CONQUISTADa quasi 4 mesi a sovrintendere al funzionamento del Golf Club a Jesolo Lido, in via St Andrews 2, è un commissario giudiziale nominato dalla Procura antimafia della città della Mole. Niente è cambiato all'apparenza, in realtà si è consumato un terremoto nel silenzio più assoluto che ha sconcertato in primis la proprietà, la Golf Jesolo Estate, completamente all'oscuro della serpe che covava in seno. Per oltre tre anni monitorata dai carabinieri per capire se fosse o meno collusa con l'emissario mandato dal clan. Nulla è emerso a carico della cordata lombardo-veneta, guidata da bresciani dalla spiccata valenza immobiliare, che nel 2009 acquisì il club, facendolo rinascere da un fallimento, investendo 9 milioni di euro. Sono bastati 300mila euro per entrare nel villaggio all inclusive dall'ingresso principale.
IL PREZZOSomma necessaria a ripianare in parte il deficit accumulato dal vecchio gestore, la International Golf Holding di Carlo Carozza, classe 1949, bergamasco di nascita e bresciano di adozione, con la passione per il golf e responsabile della conduzione di diversi campi: oltre a Jesolo, Villa Paradiso a Cornate D'Adda, Salsomaggiore Terme, Rimini. Con una serie di cambi societari è iniziata così la scalata ai templi del golf da parte dell'ngrangheta. Regista dell'operazione finanziaria, stando all'ipotesi accusatoria, il ragioniere al secolo, Daniele Goglio, classe 1967, nato a Settimo Torinese e residente a Nole (Torino).
Defina a Jesolo era sbarcato con la cooperativa Ips (Integrated service provider srl ) di Torino, alla quale Carozza che passato ai raggi ics dagli investigatori è risultato del tutto estraneo al sodalizio, essendone anzi vittima - si era rivolto credendo di potere così superare le difficoltà economiche in cui la sua società versava, cedendo la gestione delle strutture golfistiche a una impresa che poteva garantire anche il personale necessario. Fu l'inizio della fine. Carozza ostaggio dei 300mila euro di debito maturato - fu costretto ad accettare l'ingresso nella compagine societaria di prestanomi di Defina, fino alla totale estromissione dalla titolarità dell'impresa.
Monica Andolfatto

Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 09:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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