I giovani non gradiscono lavori faticosi o ingrati, ma è sbagliato premiare l'anzianità più del merito

Sabato 13 Luglio 2019
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Caro direttore,
leggo spesso che grandi e piccole imprese non trovano sul mercato del lavoro figure professionali idonee alle loro esigenze. Viene data la colpa ad una presunta indisponibilità da parte dei nostri giovani di impegnarsi in mansioni pesanti ma tuttavia discretamente retribuite. Per esperienza personale posso affermare che questa accusa è fondata sino a un certo punto. Conosco giovani che pur di lavorare se disoccupati o di crescere professionalmente inviano curriculum, vengono convocati per un colloquio e poi sistematicamente liquidati con frasi del tipo Le faremo sapere seguite nei giorni successivi da un silenzio umiliante. Sapendo che la scuola non forma adeguatamente per le esigenze di impresa, non capisco perché i potenziali datori di lavoro si lamentano quando, invece di respingere giovani volenterosi ma non formati, li potrebbero mettere alla prova con contratti a tempo determinato con i quali fare di loro le figure professionali di cui necessitano. Come pretendere che neodiplomati e neolaureati che hanno trovato solo lavoretti possano essere anche gli esperti lavoratori che le imprese cercano?
Mauro Cicero
Mogliano Veneto TV


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Caro lettore,
non c'è dubbio che una parte delle giovani generazioni disdegni i mestieri più faticosi e più ingrati e nutra nei confronti del lavoro aspettative, anche sul piano retributivo, troppo elevate. Ma non credo che questo basti a spiegare il fenomeno delle tante aziende, piccole e grandi, che non riescono a trovare i profili professionali di cui hanno forte bisogno, nonostante un tasso di disoccupazione giovanile oltre il 20% anche in aree come il Nordest. Alla base c'è un legame inadeguato e qualche volta insussistente tra scuola e mondo delle imprese. Il nostro sistema produttivo oggi ha soprattutto fame di tecnici di livello medio o intermedio, che gli istituti superiori sfornano in numero insufficiente, mentre è abbondante l'offerta di laureati, molto spesso in materia non scientifiche. Cioè figure sovraqualificate o inadatte rispetto alle esigenze delle imprese. Il gap tra domanda e offerta nasce innanzitutto da qui. C'è poi l'aspetto retributivo. In Italia la retribuzione lorda oraria è inferiore ai 20 euro mentre la media Ue si aggira fra i 20 e i 25 con la Germania oltre i 25 e la Danimarca a 35. Ma non solo. Il nostro sistema salariale tende a premiare l'anzianità rispetto alle competenze: è l'età e non il merito che fa crescere lo stipendio. Una visione anagrafica delle dinamiche salariali che non favorisce, anzi disincentiva i giovani. E forse spiega anche la scelta di non pochi ragazzi di andare a lavorare all'estero.
Ultimo aggiornamento: 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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