​Fincantieri, Bono e gli operai ​introvabili. La replica del sindacato

Venerdì 12 Luglio 2019
Fincantieri, Bono e gli operai introvabili. La replica del sindacato
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Il sasso lanciato dall'amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, anche il giorno dopo agita le acque stagnanti della politica sindacale. ««Nei prossimi 2-3 anni avremo bisogno di 5-6 mila lavoratori - aveva detto Bono invitato alla conferenza organizzativa della Cisl - ma non so dove andarli a trovare. Si tratta di carpentieri, saldatori... Abbiamo lavoro per 10 anni, cresciamo ad un ritmo del 10%, ma sembra che i giovani abbiano perso la voglia di lavorare». La reazione della Fiom-Cgil è stata affidata al coordinatore nazionale Fincantieri, Roberto D'Andrea: «In questi anni, grazie anche al rilancio produttivo dell'azienda, si sono formati migliaia di lavoratori che operano in appalto e in subappalto per Fincantieri, spesso con condizioni nettamente inferiori ai 1600 euro promessi dall'amministratore delegato Giuseppe Bono. Per rispondere alla richiesta di personale comunicata oggi dall'ad Bono si può attingere, in primo luogo, a questo enorme bacino già professionalizzato».
 
IL RILANCIOUna controproposta che ha ricevuto a stretto giro la bocciatura della Fincantieri: «Una volta di più prendiamo atto di effimere prese di posizioni ideologiche - scrive il gruppo in una nota - di chi evidentemente è ben distante dal conoscere il sistema produttivo Fincantieri e, con molta probabilità, il mercato del lavoro in generale». Il motivo è spiegato così: «Il grido di allarme lanciato da tempo dalla nostra società riguarda la difficoltà di potenziare e incrementare tutta la filiera produttiva necessaria per sviluppare l'importante carico di lavoro acquisito, con l'inserimento di figure professionali - solo a titolo di esempio saldatori, carpentieri, tubisti, elettricisti, coibentatori, verniciatori - che oggi purtroppo non sono più attrattive per i giovani. Fincantieri ha assunto direttamente dal 2016 a oggi oltre 1.500 persone e altrettante ne assumerà nei prossimi anni, ma si trova nella situazione paradossale di non riuscire ad accompagnare la sua crescita per mancanza di professionalità».
Ma è l'effetto domino della proposta Fiom ad essere contestato: «La geniale ricetta industriale della Fiom di assumere in Fincantieri i lavoratori dell'indotto fa sorgere spontanea una domanda: dove si trovano le risorse in più che servono per costruire le navi? La soluzione è quella di depauperare l'indotto che ha costituito e costituisce una componente essenziale per la crescita dell'azienda? D'Andrea e la Fiom invece di dedicarsi a dichiarazioni disancorate dalla realtà produttiva, dovrebbero preoccuparsi di collaborare in maniera attiva per recuperare nel nostro Paese una reale cultura del lavoro, ma forse questo è chiedere troppo a un'organizzazione che negli ultimi anni ha perso in Fincantieri più del 10% degli iscritti, rappresentando solo il 15% dei dipendenti, e che, senza portare valore aggiunto in termini di concretezza e propositività, si è distanziata sempre più dai lavoratori».
LA DIFFERENZAE a conferma che la distanza delle posizioni è tale anche a livello sindacale, arriva la conclusione della segretaria generale Cisl, Annamaria Furlan, alla conferenza nazionale organizzativa del sindacato: «Bono ha detto una cosa non di poco conto, ha richiamato ad un bisogno estremo della nostra società e del nostro Paese di creare le condizioni» per far incontrare domanda e offerta di lavoro e per «superare la disinformazione e le scelte culturali sbagliate» che contrastano con «i bisogni delle aziende».

Furlan ha puntato il dito sulla mancanza di investimenti in formazione, sull'orientamento, oltre che sulle «scelte culturali sbagliate» che penalizzano gli istituti tecnici: «Si è instaurato un meccanismo culturale per cui c'è una scuola di serie B che offre un lavoro di serie B, sminuendo il valore del lavoro: anche su questo dobbiamo agire».

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