L'investigatore che arrestò Covre: «Innocente? La perizia lo inchioda»

Giovedì 11 Luglio 2019 di Valeria Lipparini
L'investigatore che arrestò Sante Covre (in foto): «Innocente? La perizia lo inchioda»

TREVISO - «Caro Sante Covre, ho appreso della tua scarcerazione. Noi siamo coetanei, tu 68 e io 69 anni, ed entrambi ne abbiamo trascorsi più di quaranta sottoposti ad una rigida disciplina militare. Io quella dell'Arma dei carabinieri, tu quella carceraria. Io, poco a poco, quello che sapevo e che ero stato costretto a tacere, l'ho raccontato nel corso delle mie testimonianze processuali e i particolari minuti, quelli li ho scritti in un centinaio di articoli pubblicati sul web. Tu reclami una sola verità della quale vuoi convincerci: non sei un assassino, ma invece vittima di un errore giudiziario commesso dai carabinieri e dalla Procura del tribunale».

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Il generale Nicolò Gebbia ha letto l'intervista rilasciata al Gazzettino da Sante Covre, l'ex muratore di Treviso condannato per l'omicidio dei  conviventi Corrado Pianca, 31 anni, e Paola Longo, 27 anni e racconta la sua verità acquisita dopo le lunghe indagini nel lontano 95. Una verità avvallata dalle sentenze di tre gradi di giudizio.

LA CRONISTORIAI fidanzati di Cordignano furono trovati morti la mattina del 16 settembre 1995 sulle rive del torrente Friga. I cadaveri erano carbonizzati. Covre, condannato all'ergastolo in primo grado per quel duplice omicidio, si vide ridurre la pena in appello - poi confermata in Cassazione - a 28 anni. L'uomo che all'epoca dei fatti aveva 45 anni, ha pagato il debito con la giustizia: è libero. E, uscendo, ha dichiarato di avere paura del marchio di assassino. «Sono innocente, non ho mai ucciso e mi batterò per la revisione del processo» ha detto Covre. Il generale Gebbia in quel lontano 1995 era comandante del reparto operativo dei carabinieri di Treviso. Le indagini le aveva curate e seguite di persona. E oggi ha qualcosa da dire: «Covre si dichiara innocente soltanto adesso che tutti coloro che possono contestarlo sono morti. Prima, quando la sua compagna era in vita, così come gli altri amici che ha additato come autori del crimine, aveva preferito avvalersi della facoltà di non rispondere e non aveva mai reso dichiarazioni». Il generale ne è convinto: «La sua è una strategia, ed è una strategia vincente. Dichiararsi innocente paga. Sempre. La cronaca nera è piena di esempi illustri. Mostri riconosciuti colpevoli nei tre gradi di giudizio che si professano innocenti e convincono l'opinione pubblica». Secondo Gebbia il primo passo è quello di dichiararsi innocente. Segue il farsi passare per vittima di un errore giudiziario. «Poi la gente si dimentica, il tempo passa e alla fine ogni crimine sembra cancellato» sostiene il generale.
L'ANALISIStrana strategia per un ex muratore che, prima della condanna a 28 anni, aveva già trascorso un ventennio in cella per altri piccoli reati. «Non sa quante cose si imparano in galera. Mi risulta che il Covre dietro le sbarre abbia anche cominciato a studiare diritto citando, non sempre con cognizione di causa, codicilli e articoli. Una vita da galeotto insegna furbizie processuali che lei nemmeno immagina. Guardi Provenzano e Riina, quasi analfabeti, ma menti criminali sopraffine». Poi, il generale dei carabinieri si chiede: «Covre si dichiara oggi innocente perchè lo è davvero? Oppure lo sostiene perchè nessuno può contraddirlo?».
IL PUNTOMa a contraddirlo ci pensa proprio Gebbia. Anzi, il generale dei carabinieri pone una domanda diretta a Covre: «Sostieni di non aver ucciso. Ma di aver occultato i cadaveri. Una successiva indagine e le perizie conseguenti, però, permisero di accertare che Pianca era ancora vivo, anche se gravemente ferito, quando venne scaricato sull'argine del torrente, e che fu finito proprio in quello stesso luogo. Fu quindi ucciso esattamente dove è stato ritrovato. Se, caro Covre, tu lo hai portato fin lì vivo, chi l'avrebbe ucciso? In questo caso non c'è solo l'occultamento di cadavere, ma il concorso in omicidio ci sta tutto». Così, Gebbia invita Covre a una sfida: «Questo ti costringe a qualche modifica nel tuo racconto attuale circa quello che accadde e il ruolo che hai avuto tu stesso. Ma sono certo che saprai spiegare anche questa apparente incongruenza».
L'INVITO«Covre ha invitato me e il pubblico ministero del tempo Antonio De Lorenzi a bere una birra insieme. Ci spiegherebbe così la sua verità. Accetterei l'invito senza alcun problema. E aggiungo che se Covre non ha più affetti che lo legano al trevigiano lo farei assumere dalle mie amiche sorelle Napoli, di Mezzojuso». Una battuta, che nasconde però la certezza di un uomo di legge che ha passato le notti tra interrogatori, sopralluoghi, analisi delle carte. Per costruire un castello accusatorio che ha retto a tre gradi di giudizio.
Valeria Lipparini

Ultimo aggiornamento: 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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