I friulani della Transiberiana: quei 500 operai emigrati con le famiglie in Urss

Giovedì 11 Luglio 2019
I friulani della Transiberiana: quei 500 operaio emigrati con le famiglie in Urss
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La straordinaria e in parte tragica epopea di un gruppo di cinquecento operai e le loro famiglie emigrate in Urss per lavorare alla costruzione della ferrovia agli inizi del Novecento. Una storia minore che racconta sudore e sacrifici in un terra inospitale. Obiettivo: realizzare la strada ferrata e le stazioni in una regione impervia come quella attorno ad Irkutsk e al Lago Bajkal.

LA STORIA
Si chiamavano Zanier, Brovedani, Indri, venivano da Pradis, Clauzetto, Vito d'Asio. Erano i friulani che hanno lavorato alla costruzione della ferrovia attorno al lago Bajkal, la krugobajkalskaja, in Siberia, agli inizi del Novecento. Una storia incredibile, la loro, evocata da Carlo Sgorlon nel romanzo La conchiglia di Anataj, ma rimasta a lungo misteriosa. Soltanto in anni abbastanza recenti si è andati più a fondo, quando la scrittrice russa Elvira  Kamenshchikova ha pubblicato un libro su di loro, nel 2003, che Jacopo Dondi ha riassunto per noi. Ora Kamenshchikova sta lavorando a un nuovo volume, con l'assistenza dell'Istituto italiano di cultura di Mosca e della sua direttrice, Olga Strada. Nel 2017 la regista Christiane Rorato ha girato il film I dimenticati della Transiberiana. Ne è venuta fuori una specie di epopea, cominciata in realtà già a metà Ottocento, con risvolti tragici negli anni delle purghe staliniane. Qualcuno è tornato, come Leonardo Rizzolati, originario di Clauzetto, che in ricordo della sua esperienza russa apre, grazie al denaro guadagnato, una banja pubblica a San Daniele, attiva fino al 1955, dove si facevano cure contro i reumatismi e la radicolite (muore a 81 anni, nel 1964). Oppure Giovanni Minisini, di Buja, che, dopo aver fatto il fotografo a Irkutsk impianta uno studio destinato a diventare uno dei più importanti dell'intero Friuli, dove tutti andavano a farsi le fototessere e i ritratti. A Pordenone vivono ancora i discendenti di Luigi Leonarduzzi, l'ultimo siberiano friulano, nato a Cita nel 1927, già il nonno e il padre avevano lavorato alla costruzione della Transiberiana.
LAVORATORI DELLA PIETRAI friulani erano ricercatissimi per la loro abilità nel lavorare la pietra: venivano utilizzati per la costruzione di ponti e gallerie. La realizzazione della ferrovia sul Bajkal, lunga circa 328 chilometri, comincia nel 1901. Gli italiani erano circa 500 (su un totale di oltre diecimila lavoratori), venivano un po' da tutta l'Italia settentrionale, ma i 300 friulani costituivano il nucleo più consistente. Al tunnel numero sette, attraverso il promontorio Katorzhanka, lavora l'intera famiglia Floriani, padre e figli, originari di Nimis. Assieme a loro lavorano Giovanni Venchiarutti, di Osoppo; Giacomo Tomat, di Vito d'Asio; Bortolo Cuchiaro, di Trasaghis. L'opera viene cominciata alla fine del novembre 1902 e si sperimenta l'utilizzo di cinque trivellatrici elettriche, per l'epoca mezzi all'avanguardia. Vengono alimentate da una stazione elettrica sulle rive del Bajkal. I lavori terminano nell'agosto 1904. Valentino Floriani è titolare di una ditta di costruzioni e con lui, oltre ai figli maschi, si trasferiscono pure la moglie, Pierina Savorgnan di Brazzà Cergneu, e la figlia Lucia. La nobildonna friulana insegna latino al ginnasio di Irkutsk e viene soprannominata la mamma degli italiani perché aiuta gli operai friulani a preparare documenti e scrivere lettere a casa. Nel 1918, fugge in Italia attraverso Vladivostok e una volta in patria scrive un libro di memorie.
GRANDI INFRASTRUTTUREIl fiume Angasolka è attraversato da un ponte in pietra lungo 74 metri, simile a un acquedotto romano. Della sua realizzazione era incaricato l'allora trentenne Leonardo Rizzolati, di Clauzetto, con altri dodici friulani, dieci dei quali suoi compaesani e quasi tutti coetanei. La stazione passeggeri Sljudjanka, costruita nel 1903 in marmo bianco e rosa del Bajkal, è opera di lavoratori russi e italiani. Dopo l'inizio della guerra russo-giapponese (1904-05) tutti i lavoratori stranieri vengono allontanati dal Bajkal e inviati alla costruzione della seconda linea ferroviaria nella regione dell'Amur. Con una circolare del 21 giugno 1910 si invita a riassumere lavoratori stranieri, e tra loro anche gli italiani, per la costruzione della seconda linea della ferrovia, qualora non sia possibile completare i lavori con la sola manovalanza russa. Ma molti di loro, rimasti senza lavoro erano andati a vivere in altri posti, a Irkutsk, Cita, Krasnojarsk, o avevano lasciato la Russia per sempre. Parecchi erano stati aiutati dalla contessa Pierina Savorgnan di Brazzà.
BAJKALSante e Felice Rugo, di Campone (Tramonti di Sotto) lavorano alla costruzione di un tunnel sui monti dell'Hinggan in Cina, e poi sul Bajkal. Felice scompare, mentre Sante si sposa due volte (senza divorziare) prima con una polacca (1906) e poi con una russa (1913). Ha vari figli e figlie e nel 1936 muore. Siamo nel periodo del terrore staliniano e un anno dopo la figlia Amanda e i nipoti Sante e Albina vengono deportati in Italia paese che non avevano mai visto e di cui non parlavano la lingua. Il viaggio dei Rugo tocca Mosca, Budapest, Vienna, Roma, poi finisce sui monti di Campone, dove vanno a vivere in una casetta di montagna. Alle difficoltà dovute alle ristrettezze economiche, si aggiunge il fatto che nessuno parla italiano. Nel 1940 si trasferiscono a Roma, in un appartamento vicino alla fontana di Trevi. Amanda lavora come donna delle pulizie in una casa la cui proprietaria è direttrice di una scuola per bambini stranieri, dove va a studiare Albina. Edoardo studia in un collegio per i figli degli italiani tornati dall'estero e ricorda quel periodo come il più pesante della sua vita: la fame, le preghiere, il latino imparato a memoria, le esercitazioni militari, la condanna al soprannome rus. Dopo il collegio, a guerra finita torna dalla madre, a Roma, e comincia a lavorare nella tipografia dell'Unità. Quando per Edoardo arriva il momento del servizio di leva, dichiara di voler servire nell'esercito sovietico, mosso dal sogno di tornare in Russia. Anche l'unico desiderio della madre è morire in patria. 
RUSSIA-ITALIA-RUSSIAFinalmente il fratello della nonna dà l'assenso per ospitarli a Irkutsk. Alla partenza, nel febbraio 1955, il segretario del Pci, Palmiro Togliatti stringe la mano a Edoardo. Da Mosca a Irkutsk c'erano sei giorni di treno. Una volta in stazione, Edoardo si aspetta di vedere il nonno, ma non sa che era già morto da tre anni. La mattina dopo una donna che viaggiava con lui e alcuni poliziotti lo accompagnano all'indirizzo di casa, dove la nonna rientra dal lavoro e si ritrova un nipote mai visto che non parla una parola di russo. Edoardo si preoccupa di come avvisare il resto della famiglia che nel piccolo appartamento abitano già in sei: non può però scrivere di vivere male e gli fanno capire che non deve scrivere troppo. In novembre arrivano anche gli altri e ovviamente non si aspettano quel che trovano: si sistemano sul pavimento dell'affollato appartamento. Albina apprende la sera a tavola che il viaggio appena compiuto è senza ritorno: piange per giorni. Comincia a lavorare in una fabbrica di cucito e addirittura scrivono un articolo su di lei, l'italiana che vuole tornare a vivere in Unione sovietica. Edoardo non realizza il sogno di servire nell'esercito sovietico: viene respinto. Benché tutti avessero aderito al Pci, in Russia nessuno si iscrive al partito. Amanda ed Edoardo non tornano mai in Italia. Amanda muore il 5 novembre 2002, forse ultima discendente diretta degli italiani di Russia.
Alessandro Marzo Magno 
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Ultimo aggiornamento: 12 Luglio, 09:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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