Milano-Cortina 2026. Zaia: «Giochi aperti a tutti, ma no ​politici di ritorno, servono manager»

Mercoledì 26 Giugno 2019 di Angela Pederiva
Milano-Cortina 2026. Zaia: «Giochi aperti a tutti, ma no politici di ritorno, servono manager»
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«The host is...». Ventidue ore dopo, torna a risuonare la voce di Thomas Bach, con annessa suspense da proclamazione della città scelta appunto per ospitare le Olimpiadi Invernali 2026. Ma qui non siamo nella diretta del trionfo al Swiss Tech Convention Centre di Losanna, bensì in una sorta di replica dell'emozione al (pur addobbato a festa) piano nobile di Palazzo Balbi a Venezia, per cui la platea regionale di assessori e consiglieri, dirigenti e dipendenti, ha già smaltito la tensione della sfida finale contro Stoccolma-Åre e aspetta solo di sentirsi ripetere quello che sa già: «...Milano-Cortina!». E allora via con l'applauso, per l'annuncio in video del presidente del Cio ma  pure per l'ingresso in sala del governatore Luca Zaia, che è ancora vestito con l'impeccabile divisa Armani della delegazione italiana e tuttavia non vede l'ora di rompere l'ufficialità con una battuta delle sue: «Massa boni», ringrazia infatti tutti, dicendo che sono troppo buoni.

IL PULLMAN
Mostra di volerlo essere anche lui, quando assicura di non voler fare polemica con nessuno, neanche con quanti sono saliti sul carro dei vincitori soltanto adesso: «Vengano pure tutti nel pullman delle Olimpiadi, è pieno di posti. I nostri nemici sono quelli che continuano a parlare male dei Giochi, non chi prima ne parlava male e oggi bene, solo i mone non cambiano mai idea». Di corriere l'Italia ne ha riempite tre in Svizzera, «gente giovane piena di idee innovative, contro la Svezia che ha imbarcato chiunque, mancava solo mister Ikea», ironizza Zaia. La sua idea di coinvolgimento è però un'altra e il leghista la espone riferendosi ai pentastellati, che a livello nazionale sembrano pentiti dell'iniziale contrarietà alla candidatura: «Penso che le Olimpiadi siano di tutti, che non debbano avere colore politico o ideologie. E penso che la porta sia sempre aperta per tutti». O quasi: il Piemonte, per esempio, ormai è fuori. «Sono stato uno che ha lavorato perché rimanesse dentro puntualizza tanto che mi sarò sentito al telefono mille volte con Valter Marin, sindaco (di origine veneziana, ndr.) di Sestriere. Ma con Torino non c'è stato verso: a casa mia si dice che ci vogliono do schei de mona per trattare, ma se non vuoi discutere, allora è finita. A questo punto credo che un rientro sia difficile, se non improbabile, perché dovremmo giustificare un dossier con altri costi».

I CONTI
Invece i conti di Lombardia e Veneto quadrano, tanto più da lunedì sera, quando con la firma del contratto che Zaia mostra con orgoglio («Lo metteremo sotto una teca di plexiglas, a futura memoria»), il Comitato olimpico internazionale ha staccato un assegno da 925 milioni di dollari per l'organizzazione dell'evento sportivo. «Nei sette anni da qui al 2026 sottolinea il governatore si prevede un incremento del Pil importante, una sorta di nuovo Rinascimento che interesserà l'Italia e il Veneto. Vedo che oggi non si parla più della lettera dell'Europa, o dello spread, ma delle Olimpiadi. Questo dà la dimensione del fatto. E questa è la più bella sfida che tocca al Veneto, insieme all'autonomia. Per questo siamo già operativi, anche in vista della governance, su cui non abbiamo nulla da inventare: dobbiamo solo mutuare le esperienze positive». Il modello è chiaramente l'Expo di Beppe Sala: «Ci sarà una parte operativa che si smazza le gare, fa le ristrutturazioni gli e impianti. E poi ci sarà un board esecutivo, composto dalle istituzioni che hanno creduto nelle Olimpiadi. È una fase delicata e necessaria, a noi non interessa che diventi un cimitero degli elefanti con politici di ritorno. Serve un manager con una visione industriale, che abbia presente come mettere in piedi una macchina operativa mostruosa».

LE VALANGHE
Intanto si sono già messe in moto le valanghe. Quella giovane: «Sono tantissimi i ragazzi che ci stanno già chiedendo di poter fare i volontari». E quella rosa: «A dispetto delle polemiche sulla discesa maschile a Bormio, siamo stati noi a volere la femminile a Cortina, perché crediamo nel traino di Sofia Goggia e delle altre atlete». A proposito di neve, Zaia lancia un appello ai bellunesi: «Bisogna che il logo olimpico campeggi su tutte le vetrine, occorre brandizzare l'intera montagna veneta. E anche la città di Verona, che ospiterà la cerimonia di chiusura in mondovisione: sarà lo spettacolo che all'Arena non c'è mai stato». In tema di marchi, pare che non sarà aggiunto quello delle Dolomiti. «Già siamo stati sgridati dai puristi sorride il governatore perché in Svizzera le abbiamo chiamate Dolomites, in inglese, anche se non abbiamo trasformato Milano in Milan, che pure in lombardo sarebbe suonato bene lo stesso... Scherzi a parte, il logo resta quello, ma indubbiamente la questione del Patrimonio dell'Umanità ha pesato molto sulla scelta del Cio. Lo dico perché siamo in odore di Prosecco». Puro profumo virtuale di colline, a caccia del titolo Unesco il 7 luglio a Baku, perché a Palazzo di brindisi vero non c'è neanche l'ombra. Nemmeno per lavare via l'onta di cinque anni fa, la candidatura ai Mondiali di sci alpino spazzata via dagli arresti del Mose, il 6 giugno 2014 proprio a vantaggio di Åre. «Quella l'abbiamo già sanata a Losanna: questa volta abbiamo vinto noi».
Angela Pederiva

Ultimo aggiornamento: 11:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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