I tre fratelli Parisotto e una "Scarpa" che ha fatto strada

Giovedì 13 Giugno 2019
I tre fratelli Parisotto e una "Scarpa" che ha fatto strada
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La fantasia l'hanno concentrata sul prodotto. Per il marchio hanno scelto il low profile, Scarpa. Come chiamare una linea di abbigliamento Vestiti. Ma quella Scarpa ne ha fatta di strada, partita da un laboratorio ricavato in una soffitta della parrocchia a Coste di Maser, paesello adagiato sui colli asolani, è arrivata a conquistare i mercati mondiali con calzature da montagna di altissima qualità. Un fatturato di 100 milioni di euro e oltre mille dipendenti tra Italia, Serbia, Romania, Brasile e Cina. Ma non inganni l'apparente delocalizzazione, l'azienda è fortemente ancorata alle sue origini e lo stabilimento principale è a pochi chilometri dalla stalla dove i fratelli Antonio, Francesco e Luigi Parisotto nel 1948 iniziarono a produrre scarponi da montagna. «Meglio poche, ma buone, realizzate a regola d'arte», era il motto di famiglia. Ora ne sfornano centinaia di migliaia di paia. E sono ancora buonissime. «Questa è casa nostra, qui siamo nati e da qui non ci muoviamo», garantisce Sandro Parisotto, presidente dell'azienda controllata al cento per cento dalla famiglia. La storia della Scarpa, brand leader nel settore delle calzature per alpinismo, sci, arrampicata, trekking e tutte le attività sportive in quota, si sovrappone a quella dei Parisotto, una famiglia patriarcale, le cui radici affondano nell'Ottocento, quando il parroco di Coste affittò una casa, pertinente alla canonica, a Luigi Gigio Favarello, con il compito di fare da custode oltre che da cuoco parrocchiale. Era fine Ottocento, ma non c'era molta differenza dal Medioevo, vigevano ancora regole feudali, fede e potere temporale si mischiavano. Il parroco era un'autorità assoluta. La religione era legge. E i discendenti di Gigio per diritto acquisito restarono al servizio del prete.
IL MONDO DI IERI
La figlia Angela la Mora e il marito Domenico Cosmo Parisotto continuavano a curare le proprietà del parroco e a mettere al mondo figli: Francesca Cesca, Elisabetta Isetta, nel 1927 il primo maschio Francesco Checo, poi Luigi Ieto e ancora Maria, Assunta Sunta e a chiudere nel 1938 Antonio Nico. La discendenza era assicurata, sfamare tante bocche era meno facile. «In quegli anni tra Montebelluna ed Asolo stava nascendo il distretto della calzatura, tutti facevano scarpe - racconta Davide Parisotto, responsabile dell'area produttiva, che assieme ai cugini Sandro e Cristina ha preso il testimone dai tre fratelli fondatori - e mio papà Luigi, fin da giovanissimo, lavorava in un calzaturificio. Alla sera, assieme al fratello Giuseppe, provava a fare qualche modello in proprio per poi cercare di venderle». Le prime paia di scarponi venivano vendute ad un prezzo che oscillava tra le 2 e le 3mila lire. Direttamente dal produttore al consumatore. «Papà Luigi - racconta Davide - che era appassionato di bici, e tifoso di Bartali, ne possedeva una magnifica: partiva al mattino con 5-6 paia di scarpe e si recava a Lamon, il paese dei fagioli. Alla sera tornava dopo aver venduto tutto e carico di ordinazioni».
NASCE L'AZIENDA
«Ma dopo qualche tempo - interviene Sandro - c'è stato un incidente di percorso che ha fatto capire a papà e ai fratelli che era tempo di strutturarsi come azienda. Zio Luigi venne fermato, mentre saliva a Lamon, dai carabinieri che gli chiesero se avesse la licenza per vendere le scarpe. Figurarsi! I carabinieri furono benevoli e spiegarono che la denuncia era partita dal calzolaio di Lamon che era stanco di perdere clienti». Era il momento di strutturarsi: nacque il calzaturificio San Giorgio dei fratelli Parisotto e il negoziante di Lamon divenne il primo cliente: comprava le scarpe e le rivendeva. Era il 1948. La strada era aperta. Vennero assunti i primi dipendenti, nel 1955 erano già dodici. Tutta la famiglia lavorava a tempo pieno. «C'erano suole in tutta la casa» ricorda sorridendo Davide. L'Italia post guerra era presa dalla frenesia di ricostruire e ripartire. Il settore calzaturiero da montagna stava guardando a nuovi orizzonti. Lino Lacedelli e Achille Compagnoni conquistavano il K2, Cortina organizzava le Olimpiadi del 1956. Gli italiani scoprivano le vacanze sui monti e avevano bisogno di scarpe adatte. La San Giorgio faceva fatica a reggere il passo delle richieste. L'idea era audace: acquisire uno stabilimento già avviato per avere spazi, macchinari e maestranze qualificate.
IN FABBRICA
Antonio, Francesco e Luigi puntarono tutto sulla Scarpa, acronimo forzato per fare il gioco di parole: Società Calzaturifici Asolani Riuniti Pedemontana Anonima. L'azienda era stata fondata da lord Rupert Edward Cecil Guinness, discendente della dinastia della birra. Uno dei tanti personaggi illustri - come Eleonora Duse, Gian Francesco Malipiero, Ernest Hemingway, Freya Stark - sedotti dalla bellezza delle colline asolane. «Lo stabilimento era in vendita, ma noi non avevamo i soldi - sintetizza Sandro - Servivano 13 milioni. Ci ha salvato la zia crocerossina che ci ha fatto un grosso prestito». Per acquisire la Scarpa i Parisotto sono ricorsi a quello che oggi si chiama crowdfounding, finanziamento collettivo, ma che all'epoca aveva un nome molto più accessibile: fraterna. Una sorta di patto tra consanguinei che metteva in comune i beni.
IL GORE-TEX
«A quei tempi c'era molta solidarietà familiare. Comunque in breve abbiamo restituito tutto con qualche interesse. Allora bastava una stretta di mano». Gli dà manforte Davide: «Io una volta ho visto mio padre accettare un ordine per 170 mila paia di suole con una stretta di mano». Era il maggio del 1956. Da allora è stato un crescendo rossiniano. Nel 1957 l'utile d'esercizio è di 170mila lire con 25 dipendenti, nel '66 la produzione è di 56mila paia di scarpe, nel '68 i dipendenti sono 77, nel '73 la produzione sale a 103mila paia e il 90% del prodotto è assorbito dal mercato estero, Stati Uniti in particolare. L'ingresso in azienda della seconda generazione - Sandro, Davide e Cristina - ha portato una ventata di modernità, ma Scarpa resta un'impresa a conduzione familiare. Solo nel 2018 il ruolo di ad verrà affidato a un esterno, Diego Bolzonello, ex manager Geox. La crescita è proseguita inesorabile, parallelamente all'ampliamento dello stabilimento di Asolo (tuttora in fase di ulteriore ingrandimento) e all'apertura di impianti produttivi in Serbia e Romania. Il marchio Scarpa è un must, sinonimo di altissima qualità, sempre all'avanguardia nelle innovazioni. I Parisotto sono stati i primi nel 1984 ad utilizzare il Goretex e i primi al mondo a produrre scarponi con lo scafo in plastica. Le calzature Scarpa sono state adottate da grandissimi alpinisti (un nome per tutti, Walter Bonatti) e sono arrivate in cima a tutti gli ottomila e tra i ghiacci dell'Antartide con una spedizione italiana dell'Enea. Un'evoluzione costante, frutto di ricerca, applicazione, investimenti e presenza sul pezzo. I tre fratelli sono sempre in azienda. Davide, si sporca ancora le mani assieme ai suoi operai, Cristina si occupa di ricerca e sviluppo, Sandro fa quadrare i conti. «Ma i xe andai tropo vanti. No gavaria mai pensà», chiosa con saggezza il patriarca della famiglia, Francesco Parisotto, che a 92 anni è ancora in bottega a controllare che tutto funzioni a regola d'arte.
Vittorio Pierobon
(vittorio.pierobon@libero.it)
Ultimo aggiornamento: 15 Giugno, 14:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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