Mostra tra fuoco e acqua: suggestivo viaggio alle Terme di Caracalla

Mercoledì 12 Giugno 2019 di Paolo Navarro Dina
Mostra tra fuoco e acqua: suggestivo viaggio alle Terme di Caracalla
VENEZIA - Questa volta Fabrizio Plessi va alla conquista di Roma. E lo farà puntando dritto alle Terme di Caracalla. Qui presenterà il 17 giugno nei sotterranei, appena riconsegnati al pubblico dopo un recente restauro, la sua mostra Plessi a Caracalla. Il segreto del tempo. L'esposizione resterà aperta fino al 29 settembre.
Maestro Plessi un ritorno a Roma che aspettava da tempo. 
«Sono legato a questa città per tre motivi. Il primo risale all'87 quando con una gigantesca installazione raccontavo la circolarità del Tevere arginato dal travertino capitolino. La seconda volta fu per l'inaugurazione delle Scuderie del Quirinale. Ora ci riproviamo soprattutto quando mi hanno detto che i sotterranei li restauravano per me...»

 
Davvero?
«Mi hanno chiamato dalla Soprintendenza e i funzionari mi hanno detto: Questo posto lo restauriamo per una sua mostra».
Bella soddisfazione.
«È un posto straordinario. Qui si respira la grandiosità di Roma. Se ci penso, il Dna delle Terme è un po' il mio Dna. Perchè c'è l'acqua e c'è il fuoco. Sopra vi facevano il bagno anche 12 mila persone immerse nel tepore; sotto nei sotterranei si bruciavano intere foreste per riscaldare gli ambienti. Giorno e notte». 
I sotterranei offriranno una suggestione tutta particolare. 
«Nella mia vita ho fatto tante cose legate all'acqua e al fuoco. Qui scendi, ti immergi nell'oscurità e ne vieni avvolto, tra ruderi, rovine, testimonianze archeologiche. Ed è lì dove c'è il passato che arriva la tecnologia»,
Passato & futuro insieme, quindi.
«Il mio lavoro guarda al domani con la coscienza storica del passato. Lavoro così da sempre. E ora che mi trovo nella pancia di Roma non potevo che prendere spunto da tutto questo. Quindi il fuoco, le fontane, Piranesi, i mosaici di Caracalla, gli otri. Qui, la romanità si amplifica».
Come sarà il percorso nelle viscere di Roma?
«Ci sarà un camminamento lungo 24-25 metri. Ho creato delle videoinstallazioni a forma di portali in ferro con alla base un bacino d'acqua in movimento che si riflette. Ci saranno dodici stazioni. I sotterranei hanno una potenza evocativa enorme. Qui ho proiettato le mie fantasie, il mio linguaggio. Diversamente dal passato i portali saranno tutti uguali. Ci sarà il fuoco e tutte le installazioni prenderanno fuoco; ci sarà poi l'acqua e tutto assumerà liquidità. Sarà una sensazione globale. Il visitatore ne sarà avvolto. Un teatro totale impreziosito con la musica del mio amico Michael Nyman».
Com'è il suo rapporto con il compositore americano?
«Siamo grandi amici. Abbiamo lavorato tantissimi anni insieme. C'è una simbiosi straordinaria. Lui è innamorato del mio lavoro, io della sua musica».
Quindi, una mostra in movimento...
«Le immagini su questi pannelli si alterneranno ogni tre minuti e squarceranno l'oscurità. Il visitatore più attento si accorgerà anche come una leggera brezza incresperà il panneggio di una scultura romana».
Tutto questo nella semi-oscurità?
«Già, così da accentuare la sua percezione. Cogliere la potenza di Roma, vedere e sentire l'acqua degli otri che cade, vedere le immagini dei capitelli di ghiaccio che si sciolgono. Ammirare la testa di Caracalla con i capelli che si trasformano in onde del mare in movimento; i mosaici acquatici delle terme che diventano oro...»
Insomma, c'è tutta la poetica di Fabrizio Plessi. 
«Di più. Nei sotterranei c'è pure un'ala con il deposito di ruderi. E lì ci ho messo il deposito della mia vita.
Sarebbe a dire?
«Ho realizzato un grande libro in gesso e legno, enorme come la sala. E su di esso verranno proiettate le pagine della mia vita. Un leggero venticello soffierà sui fogli che si muoveranno facendo scorrere 600-700 immagini. Il visitatore vedrà così scorrere la storia di Fabrizio Plessi. L'ho chiamato Il libro dei libri».
Una vita ricca: 540 mostre personali. A vent'anni la prima esposizione, gli itinerari artistici con Edmondo Bacci, pittore spazialista veneziano alla Guggenheim... 
«Avrò avuto 16, forse 17 anni giravo per la Guggenheim veneziana e pensavo che, prima o poi, sarei stato protagonista di una mostra nella sede della Fondazione a New York. Ci sono riuscito nel 1998. Allora ero un ragazzino che sognava, poi il sogno è diventato realtà».
Già, il sogno. Plessi quanto è bello sognare?
«Io continuo a sognare. È fondamentale. È bellissimo. Leggevo da qualche parte non so... che la vecchiaia comincia quando i rimpianti si sostituiscono ai sogni. E io invece sono qui che voglio continuare a sognare. Sognare è la parte più bella».
Com'è Fabrizio Plessi nella vita?
«Sono un navigatore solitario. Non ho gruppi di amici, gruppi di artisti. Lavoro da solo. E anche se sono una persona comunicativa, sto con la mia solitudine. La riempio con la mia arte, con il mio lavoro. Forse i miei, veri amici di strada sono le mostre, i libri scritti su di me, il mio lavoro quotidiano. So di essere frenetico e altrettanto instancabile».
Autocritica?
«No, è una mia certezza. Non fermarmi mai, essere sempre sulla cresta dell'onda, e sempre borderline. Voglio correre sempre dei rischi. Ed è per questo che non amo fare alcuna retrospettiva, nessuna mostra antologica. Non voglio guardarmi alle spalle. Voglio sempre fare cose nuove».
Sempre questo benedetto futuro...
«Sempre fare cose d'oggi legate a quello che sarà, non a quello che è stato. Vivo abbastanza nel mio studio, qui alla Giudecca. Lo chiamo il mio monastero. Sto qui tra i miei disegni, i miei Moleskine. Non volevo diventare ricco e famoso, volevo e voglio esporre nei grandi musei del mondo. E ci sono riuscito»
Antico-nuovo amore per Venezia
«Città che adoro. Quando arrivo e attraverso la laguna in motoscafo trovo una città allagata e meravigliosa. Pietre antiche. Mi piace l'idea di uscire da casa mia a San Polo, arrivare alle Zattere, prendere il battello che attraversa il Canale e arrivare alla Giudecca».
Un vero e proprio viaggio
«Ma è come staccarsi dalle secche del quotidiano, dalla normalità e andare verso il sogno. Poi alla sera lascio il mio studio, torno a prendere il vaporetto. Faccio come Caronte che va e che viene. Ed è un po' il viaggio della vita. Quello che mi interessa è che le persone che amano il mio lavoro lo facciano proprio. E amino la mia arte come la vivo io».
Paolo Navarro Dina
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Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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