Fine dell'incubo, il 33enne dopo 13 mesi esce dal carcere con 100 euro

Sabato 1 Giugno 2019 di Marco Agrusti
Fine dell'incubo, il 33enne dopo 13 mesi esce dal carcere con 100 euro
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Antonio Consalvo è un uomo libero ed è tornato a casa dalla sua famiglia dopo 13 mesi di carcere. Per far uscire il 33enne pordenonese dal penitenziario di Negombo, nello Sri Lanka, ci sono voluti circa 100 euro (20mila rupie) di ammenda e un anno di attesa. Arrestato il 28 aprile del 2018 all'aeroporto di Colombo, la capitale dello Sri Lanka, perché trovato in possesso di alcuni grammi di marijuana, il 30 maggio Consalvo è stato condannato a 12 mesi di detenzione. Ne aveva già scontati 13 in attesa della sentenza. La pena è stata sostituita da un'ammenda di 20mila rupie singalesi, che al tasso di cambio attuale equivalgono a circa 100 euro. Il pagamento è avvenuto in aula, dopodiché Antonio Consalvo è stato subito scarcerato. Di nuovo in possesso del passaporto dopo 13 mesi trascorsi in carcere, il 33enne ha preso il primo volo per l'Italia, e dopo uno scalo a Istanbul, in Turchia, è atterrato ieri mattina all'aeroporto di Venezia, dove ad attenderlo c'erano il padre e una sorella. Una volta rientrato in provincia, a Pordenone ma anche a Cordenons, dove ora vive la sua famiglia, si è ricongiunto anche alla madre, Graziella Catania, che in tutti questi mesi si è battuta per dare al figlio un processo in tempi ragionevoli e infine per riportarlo a casa.
Ieri Graziella Catania si è sfogata: «La liberazione di mio figlio - ha detto - è avvenuta solamente grazie ai miei sforzi. Quando sono andata a Negombo a trovarlo ho capito che nessuno aveva realmente mosso un dito per Antonio».
Graziella, pordenonese, è arrivata nello Sri Lanka il 5 marzo scorso. Si è decisa ad affrontare il viaggio dopo aver avuto l'appoggio di parlamentari pordenonesi come Franco Dal Mas ma anche del sottosegretario Vannia Gava, che aveva coinvolto anche il suo collega agli Esteri. Ma solo la sua visita al figlio nel carcere di Negombo l'ha tranquillizzata. «È trascurato, ma sta bene», raccontava la donna dopo il primo contatto dopo mesi di lontananza dolorosa. «Chiede solo un processo». In cella, riferiva la madre di Antonio Consalvo, c'erano ottanta persone. Dopo qualche giorno ha incontrato anche la rappresentanza diplomatica dell'ambasciata italiana a Colombo. Sono stati i funzionari a gestire l'accelerazione verso la fissazione di una data per il processo ad Antonio Consalvo.
Oggi però nelle parole di Graziella Catania vince la rabbia. «Dopo la mia visita nello Sri Lanka, nessuno ha più fatto nulla per noi». La donna riferisce di essersi dovuta arrangiare nella ricerca di un avvocato singalese. L'8 marzo scorso, poco prima di rientrare in Italia, la madre di Consalvo riferiva che il figlio aveva contratto un'infezione e che le sue condizioni erano peggiorate.
Ieri il coronamento di tutti gli sforzi profusi in questi mesi per portare il 33enne pordenonese a un processo nello Sri Lanka e infine alla liberazione e al rientro in patria. «Ogni mercoledì lo chiamano per l'udienza, gli confermano lo stato di fermo e lo rimandano in cella senza aver fatto nulla», aveva riferito la madre di Antonio Consalvo quando a febbraio aveva reso pubblico il caso che riguardava suo figlio. Il 30 maggio Consalvo si è presentato in aula, e il pagamento di circa 100 euro ha permesso in un momento di mettere fine a tutte le sofferenze e di riguadagnare in un colpo solo la strada di casa e soprattutto la libertà.
Marco Agrusti
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Ultimo aggiornamento: 18:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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