Il "gigante" del Nilo torna a Padova, mostra sullo scopritore delle tombe dei faraoni

Sabato 25 Maggio 2019 di Mauro Giacon
Il "gigante" del Nilo torna a Padova, mostra sullo scopritore delle tombe dei faraoni
PADOVA - Il gigante del Nilo torna nella sua città. A raccontarci di quella volta che, nel 1816, scavando per settimane nella sabbia che la ricopriva, individuò per primo l'entrata alla tomba di Chefren, a Giza (quel posto celeberrimo con le tre piramidi e la sfinge). Oppure di quando trasportò in Inghilterra, da Tebe, il colosso di Memmone, cioè il busto di Ramses II, che pesava sette tonnellate e nessuno sapeva come spostare. E ancora come fece a trovare nel 1817, nellla Valle dei re, la tomba del faraone Sethi I, il padre di Ramses II, con undici stanze interamente affrescate e un sarcofago di alabastro finemente scolpito. Sensazionale. 
 
DA OTTOBRE
Basterebbe questo per la gloria imperitura. Ma c'è di più. Una vita avventurosa, da film. Non a caso a lui si ispira Indiana Jones. E per ricordare Giovanni Battista Belzoni, nato al Portello nel 1778 da un barbiere, ma con il fuoco dentro dell'avventura, a Padova aprirà il 25 ottobre per chiudersi il 28 giugno 2020, la più grande mostra a lui dedicata. Sarà un avvenimento, basti pensare che solo l'allestimento costerà 2 milioni e mezzo di euro. Ne farà parte anche una piramide riprodotta, che al centro dell'agorà del S. Gaetano, permetterà di infilarsi in un tunnel e come in quelle vere provare l'emozione di arrivare nella camera del sarcofago. Giusto fossimo 3.200 anni fa.
La città ha ottenuto prestiti dai maggiori musei, Il British dove sono finite molte delle sue statue, Bristol, dove vengono conservati disegni e lettere inedite lasciate alla moglie inglese, il Louvre ovviamente e Torino, dove operava il console francese per Alessandria d'Egitto, il cinico Bernardino Drovetti, suo grande nemico perchè faceva il suo stesso lavoro. Procurava e vendeva statue a nobili e musei: lui per i francesi, Belzoni per gli inglesi. Ecco perchè il British gli deve molto. 
I REPERTI
Dunque vedremo reperti del mondo funerario dell'antico Egitto, oggetti di uso quotidiano dei faraoni e molti disegni dello stesso Belzoni che viene definito padre della egittologia per il suo gusto, i suoi disegni e la sua delicatezza. Al tempo gli esploratori se trovavano una tomba la aprivano con la dinamite... Non sembrerebbe per un uomo alto due metri e 10, occhi azzurri, capelli biondo-rossicci. Che a 14 anni fuggì di casa per andare a Londra a cercare fortuna. Si esibiva al Sadler's Wells un teatro che verrà riprodotto in mostra, come Sansone Patagonio in tenuta da vero selvaggio, capace di sorreggere undici uomini a... piramide umana.
Dell'Egitto si interesserà più tardi costruendo una macchina che pompava acqua per il pascià d'Egitto afflitto dalla siccità. Non funzionò mai perché gli indigeni, soppiantati dalla macchina, si rivoltarono. Le tre spedizioni che l'hanno reso immortale avvennero nel 1816, 1817 e 1818 e sono tutte documentate nella mostra resa possibile grazie a sponsor di peso. Prima di tutto la Fondazione Cassa di Risparmio che ha messo 450mila euro, poi il Consorzio città d'arte del Veneto, Banca Agna e Banca Patavina, Aspiag, Maap, il gruppo Hera. Ed altri se ne aggiungeranno.
LE EMOZIONI
Il percorso della mostra permetterà ai visitatori di cogliere le emozioni della scoperta con effetti speciali: televisivi, olfattivi e sonori grazie alla multimedialità. Ovvero come farsi strada in un cunicolo buio fra lo sterco di pipistrelli o affrontare un corpo a corpo con cumuli di mummie pronte a cadere (una scena di Indiana Jones da I Predatori dell'Arca perduta, 1981, tratta da una vera avventura di Belzoni ndr). Oppure scavare con la sabbia negli occhi o disegnare a 55 gradi. In mezzo un tesoro di 150-170 reperti alcuni dei quali recuperati dallo stesso Belzoni e conservti nei musei. Il tutto contestualizzato nella storia e la cultura dell'Egitto antico. Scopriremo anche come fece il nostro esploratore a imbarcare su una nave Memmone senza farla affondare.
IL LEGAME
Al culmine della gloria Belzoni ritornò a Padova, accolto con una grande festa da cittadini e notabili. Donò due statue di Sekhmet venerata come divinità della guerra, delle epidemie e delle guarigioni. Veniva rappresentata come leonessa o donna dalla testa di leonessa, la belva più feroce dell'immaginario egizio. Poi partì per cercare le sorgenti del Nilo ma il 3 dicembre 1823 morì in Niger di dissenteria. Aveva 45 anni.
Mauro Giacon
Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 10:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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