Sparò al camoscio nel Parco, tolto dalla lista I giudici: «Può candidarsi»

Sabato 11 Maggio 2019 di Angela Pederiva
Sparò al camoscio nel Parco, tolto dalla lista I giudici: «Può candidarsi»
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 Prima è stato escluso dalla lista, poi nuovamente bocciato dal Tar del Veneto e infine riammesso dal Consiglio di Stato. Tutto in una dozzina di giorni, con la rapidità prevista per i ricorsi elettorali, intorno a Taibon Agordino. Nel piccolo centro montano un cacciatore, pur essendo stato condannato per aver ucciso un camoscio con un'arma clandestina all'interno del Parco delle Dolomiti Bellunesi, potrà comunque candidarsi alle Comunali del prossimo 26 maggio.
Protagonista della vicenda è Fabio Tomè. A suo carico risulta una sentenza di condanna, divenuta irrevocabile il 22 giugno 2016, per i reati previsti dalla legge del 1975 sul controllo delle armi e dalla normativa del 1992 sulla protezione della fauna selvatica. Secondo quanto accertato dal Tribunale di Belluno, l'uomo aveva portato all'interno della riserva naturale «un'arma di fabbricazione artigianale, munita di ottica e cavalletto e priva di matricola», con cui aveva esploso il colpo che aveva abbattuto un camoscio. Sul piano processuale, al cacciatore erano stati concessi il ricorso al rito alternativo, le attenuanti generiche e l'unificazione delle due contestazioni sotto il vincolo della continuazione: la combinazione di benefìci aveva portato il giudice a comminargli 1.200 euro di multa e un anno di reclusione. Proprio la soglia detentiva che, secondo la legge Severino del 2012, fa però scattare l'incandidabilità alle elezioni anche per i condannati in via definitiva per «il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti».
GLI EFFETTI
Tomè si era invece candidato a consigliere comunale nella lista Taibon per la comunità, che sostiene la riconferma della sindaca uscente Silvia Tormen, contro l'attuale capogruppo di opposizione ed ex primo cittadino Bruno Bulf della Civica per Taibon. Così lo scorso 27 aprile la sottocommissione elettorale circondariale di Belluno lo aveva escluso dalla competizione e il 4 maggio il Tar del Veneto aveva ribadito la sua estromissione. Era stata così bocciata la tesi dell'avvocato Elisa Tomasella, secondo cui dalla pena complessiva andava scomputata la sanzione relativa all'uccisione del camoscio, che è una contravvenzione, riducendo così a 320 giorni (e dunque a meno di un anno) quella riguardante l'utilizzo dell'arma, che è invece il delitto ostativo alla candidatura.
LE MOTIVAZIONI
I magistrati di Venezia avevano reputato che il vincolo della continuazione fra due reati, introdotto nell'ordinamento per favorire l'imputato, non potesse essere smontato a ritroso. Ma il Consiglio di Stato ha ribaltato questo ragionamento: «La sottocommissione elettorale, nel decidere l'ammissione o l'esclusione del candidato, avrebbe dovuto considerare solo la pena irrogata per il delitto di porto d'armi, senza sommare ad essa quella inflitta, seppure con la medesima sentenza di condanna, per la fattispecie contravvenzionale in continuazione». Dunque il cacciatore di frodo potrà correre per un posto da consigliere comunale.
 
Ultimo aggiornamento: 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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