Il 25 aprile una festa di tutti piegata agli interessi di parte. Come la canzone "Bella Ciao"

Mercoledì 24 Aprile 2019
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Caro direttore,
ecco il 25 Aprile, forse la data che indica il giorno più paradossale del calendario per quanto attiene alla storia d'Italia: l'Anniversario della Liberazione. Una giornata che dovrebbe rappresentare il momento più importante di unione per un popolo tornato alla libertà dopo anni di dittatura e una guerra disastrosa, porta invece ancora oggi, a più di settant'anni, il germe della discordia e della divisione. Il motivo a mio modo parere è che anziché vedere il 25 Aprile come un simbolo di libertà e democrazia, valori sui quali tutti possiamo concordare tranne piccole frange di irriducibili nostalgici che la storia ha emarginato, lo si vuole connotare politicamente. Ecco quindi che da sinistra lo si festeggia evidenziando il contributo degli uomini che diedero vita alla lotta partigiana, dimenticando che non tutti i partigiani erano di sinistra e che l'Italia venne liberata dagli Alleati e nascondendo anche i lati meno nobili della Resistenza che ebbe però sicuramente il grande merito di rappresentare un momento di riscatto per un popolo che fino al 25 luglio del 1943 era stato pressoché interamente fascista.

Da destra invece si vede nel 25 Aprile la data che segnò la sconfitta del nazi-fascismo e quindi degli uomini e delle donne che per il fascismo e per la Repubblica Sociale combatterono e morirono. A quei caduti si vorrebbe fosse riconosciuta la buona fede e quindi la stessa dignità di coloro che si immolarono per la libertà, dimenticando però che la buona fede non può giustificare una scelta di campo sbagliata a fianco di chi volle la guerra, le leggi razziali e i campi di sterminio. In conclusione il 25 Aprile dovrebbe essere la festa di tutti, la festa del domani, da cui ripartire per costruire una Italia migliore partendo dalla nostra Carta Costituzione e ricordando le parole di Pietro Calamandrei: Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione. Calamandrei disse dovunque è morto un italiano quindi penso che si possa tranquillamente continuare a intonare O bella ciao senza dimenticare che il primo grande atto di Resistenza fu quello della Divisione Acqui che a Cefalonia fu massacrata perché, in nome del giuramento fatto al Re e alla loro dignità di soldati, rifiutò di consegnare le armi ai tedeschi.

Maurizio Conti
Portogruaro (Ve)



Caro lettore,
sono d'accordo con lei. Purtroppo quella che dovrebbe essere una festa di tutti viene ogni anno piegata alle esigenze tattiche del momento e diventa l'occasione non per affermare e festeggiare ciò che ci unisce, ma per sottolineare ciò che divide. Anche a Bella Ciao del resto è toccata la stessa sorte. Questa canzone deve la sua fortuna e popolarità anche al fatto che, a differenza di altri brani più noti della Resistenza, era poco o nulla connotata politicamente. Il suo testo non contiene riferimenti di parte, alla lotta di classe o a bandiere di qualche colore. E' solo contro l'invasore, di cui l'Italia si doveva liberare. Un elemento unificante e trasversale. Ma anch'essa, come bene sappiamo, è stata trasformata in una canzone di parte.
Ultimo aggiornamento: 14:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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