Usare la giustizia per colpire avversari interni od esterni è sbagliato e indebolisce la politica

Sabato 20 Aprile 2019
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Egregio direttore,
le inchieste giudiziarie sono tornate ad essere protagoniste della nostra vita politica. La scorsa settimana si è dimessa la presidente della Regione Umbria. Ora è nella bufera il sottosegretario Siri, indagato per corruzione, mentre da un altro processo emergono imbarazzanti dichiarazioni del sindaco di Roma. Però mentre qualcuno si dimette, altri restano al loro posto. Lei come la vede?

Angelo Randon
Padova


Caro lettore,
ogni vicenda meriterebbe una valutazione a sè e va anche ricordato che chi fa politica o occupa posto di rilievo deve tener conto di fattori extra-giudiziari come l'opportunità politica o le pressione interne al proprio partito o alla coalizione di cui fa parte. In linea generale però, un avviso di garanzia andrebbe sempre considerato per quello che è: l'informazione che viene inviata a una persona oggetto di un indagini preliminari nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria. Non è una condanna nè un rinvio a giudizio. Un uomo politico che riceve un avviso di garanzia dovrebbe quindi essere costretto a dimettersi? No. Se poi decide di farlo, è una sua libera e rispettabile scelta. Naturalmente ci possono essere (e ci sono state) situazioni in cui, gli elementi di prova che sostengono il provvedimento giudiziario, sono di una tale gravità o fonte di tale imbarazzo, da rendere inevitabile il cosiddetto passo indietro. Ma è sbagliato un automatismo in base al quale un uomo politico, un sindaco o un ministro che riceve un avviso di garanzia, deve farsi da parte. La storia e la cronaca hanno dimostrato che in molti casi l'inchiesta si conclude poi con un'archiviazione del caso o, raggiunta la fase processuale, con l'assoluzione del presunto colpevole. Soprattutto dovrebbe valere per tutti una regola: gli avvisi di garanzia non si utilizzano come arma politica per infierire contro gli avversari, salvo poi scoprirsi iper-garantisti quando ad essere coinvolti e colpiti da un provvedimento giudiziario sono esponenti del proprio partito o corrente. L'uso politico della giustizia ha avuto come effetto non quello di aumentare il grado di onestà e correttezza della nostra classe dirigente, ma di indebolire la politica, consegnando alla magistratura il potere di influenzare o determinare svolte e scelte politiche. Se questo è accaduto la colpa non è solo di taluni magistrati ammalati di protagonismo politico, ma soprattutto di quei politici (tanti) che nel corso degli anni hanno scelto la scorciatoia giudiziaria per eliminare avversari esterni e interni.
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