Sospetti M5S: ecco chi paga la Lega. Conte: Siri si dimetta dopo Pasqua

Sabato 20 Aprile 2019 di Alberto Gentili
Sospetti M5S: ecco chi paga la Lega. Conte: Siri si dimetta dopo Pasqua
22

Neppure la tregua di Pasqua. La guerra tra Lega e 5Stelle divampa anche di Venerdì Santo. E nel tritacarne pentastellato questa volta finisce addirittura Giancarlo Giorgetti, “colpevole” di avere assunto il figlio di Paolo Arata, il presunto corruttore del sottosegretario Armando Siri, al dipartimento di programmazione economica della Presidenza del Consiglio. Di più, il prossimo step dell’offensiva di Luigi Di Maio nel nome della «questione morale» e della «trasparenza», sarà chiedere a Matteo Salvini se «Arata finanzia la Lega». «E se la risposta dovesse essere affermativa», dicono nell’entourage del leader grillino, «sarebbe molto grave perché Arata è collegato alla mafia, a Messina Denaro».

L’attacco a Giorgetti, la “mente” della Lega a palazzo Chigi, il vero regista e insieme stratega economico in nome e per conto di Salvini (pur con qualche screzio), segna un’escalation. Giorgetti è il “bersaglio grosso”, ha un peso specifico decisamente superiore a Siri. E colpire lui vorrebbe dire innescare la reazione più violenta e dura del Carroccio: «I grillini con il loro giustizialismo sono pericolosi e lo sapevamo, ma se si azzardano a chiedere le dimissioni di Giorgetti, il governo non dura una giornata», dice un ministro leghista.

Questo i grillini lo sanno. Tant’è, che Luigi Di Maio, che ha dato personalmente il via libera alla nuova offensiva («sono sconvolto, questa cosa non può passare in cavalleria»), non sembra intenzionato in realtà ad affondare i colpi contro il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il vero nemico (dal primo giorno) del patto di governo giallo-verde. «Guardate bene il comunicato, noi non chiediamo chiarimenti a Giorgetti, ma a Salvini. Vogliamo sapere se fosse a conoscenza di tutto questo», dice uno stretto collaboratore del leader pentastellato, «del resto è vero che Giorgetti ha assunto il figlio di Arata, ma in sé non ha fatto nulla di male: le colpe dei padri, si sa, non devono ricadere sui figli...».

In una spregiudicata mossa elettorale, deciso ad affossare l’alleato di governo sul fronte della «questione morale», Di Maio insomma punta direttamente su Salvini, convinto che il leader leghista (al contrario di Giorgetti) non voglia aprire la crisi prima delle elezioni europee del 26 maggio. «Dobbiamo capire se Salvini controlla il partito, se è a conoscenza delle sue zone d’ombra», dicono nell’entourage di Di Maio, «vogliamo sapere se Arata, che è un faccendiere legato alla mafia, finanzia la Lega. Poi, se scopriremo che la Lega è un partito corrotto, faremo le opportune valutazioni. Ciò che importa è che il Movimento ne esca pulito, senza una sola macchia».

Probabilmente Di Maio la risposta già la conosce. Arata viene descritto come «un amico della Lega», uno che «andava ai loro convegni». «In più il Carroccio non ha una situazione finanziaria esattamente florida, dunque...», dicono ancora i grillini ricordando i 49 milioni che via Bellerio deve ancora restituire, a seguito della condanna di Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito per truffa ai danni dello Stato.

Come se non bastasse, dopo la battaglia campale di Giovedì Santo, con le richieste grilline di dimissioni a Siri, deleghe ritirate, accuse di connivenze mafiose, da palazzo Chigi filtra l’intenzione di Giuseppe Conte di scavalcare il veto di Salvini. Il capo della Lega ha intimato: «Siri deve rimanere al suo posto». Invece il premier, rischiando di essere accusato nuovamente da Salvini di non essere super partes, proprio ieri ha rassicurato Di Maio: «Dopo Pasqua chiederò a Siri di dimettersi per una questione di opportunità». E spiegano i suoi: «Per noi un servitore dello Stato non può restare al suo posto con addosso l’accusa di corruzione. Crediamo, speriamo, desideriamo che Siri sia innocente, ma per una questione di principio deve lasciare il governo finché non avrà dimostrato la sua estraneità. Questo è il nostro stile, così noi trattiamo la questione morale».

Inutile dire che il governo è sull’orlo del burrone. Da capire soltanto se cadrà prima delle elezioni o a giugno. Di crisi, rimbalzandosi responsabilità e sospetti («vuoi fare un governo con Berlusconi», «tu lo vuoi fare con il Pd») ieri hanno parlato apertamente sia Salvini che Di Maio. Ma nessuno se ne vuole accollare la responsabilità. «Chi lo fa rischia di bruciarsi», sostiene Salvini.

Ma ci sarebbe chi, tra i grillini, starebbe già preparando le valigie per portare i propri voti a un nuovo esecutivo leghista, sostenuto da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. Ma con il Cavaliere «in una posizione decisamente defilata».
 

Ultimo aggiornamento: 17:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci