Ladri in chiesa di San Felice, rubano dal tabernacolo le ostie consacrate

Giovedì 18 Aprile 2019
Ladri in chiesa di San Felice, rubano dal tabernacolo le ostie consacrate
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VENEZIA - Chiesa veneziana sotto choc per il furto sacrilego nella chiesa di San Felice avvenuto all’inizio della Settimana Santa. «Chi è contro Dio, chi odia Dio, cerca di colpirlo laddove è più grande il suo amore». Con queste parole il patriarca Francesco Moraglia ha dato voce allo sconcerto generale nella chiesa di San Felice, durante i riti e la messa di riparazione da lui presieduti e celebrati a seguito del raid dei ladri. Potrebbe infatti celare un uso profanatorio il furto di oggetti sacri. Un colpo avvenuto sabato scorso tra le 12 e le 15.30, quando la chiesa è chiusa per la pausa pranzo: sono spariti la pisside con le ostie consacrate, una croce astile d’argento, un calice e un ostensorio. Tutti elementi che potrebbero essere usati in una messa nera. Sono stati invece ignorati molti altri oggetti d’argento che potevano essere venduti facilmente.
 
IL MONITO «Profanare l’Eucaristia – ha affermato monsignor Moraglia – è qualcosa di molto più grande e grave anche dell’incendio della cattedrale di Notre Dame: la cattedrale è stata costruita dalla fede della Chiesa ed è stata costruita per celebrare l’Eucaristia, per contenere l’Eucaristia, perché la comunità possa diventare comunità eucaristica nella celebrazione e nell’adorazione.
Ci ha turbato molto vedere quel tesoro conosciuto in tutto il mondo bruciare. Ma quello che è accaduto qui è qualcosa di infinitamente più grande». Perciò, ha aggiunto il patriarca, «è terribile l’atto di profanazione. Ma è altrettanto e, anzi, più grande il gesto di chi vuole riparare». Ieri il patriarca ha inviato al parroco Raffaele Muresu una lettera con anche una serie di precise indicazioni rivolte alla comunità di San Felice per fare in modo che da un male così grande possa nascere un bene ancor più grande. «L’invito è quello di realizzare momenti di catechesi sull’Eucaristia (di tipo biblico, dogmatico, liturgico e spirituale con particolare attenzione a quanto insegna il catechismo della Chiesa cattolica) - spiega don Muresu - e di promuovere a San Felice un tempo stabile di adorazione eucaristica: almeno un’ora alla settimana, con presbiteri e fedeli, dinanzi a ciò che per un cristiano è più grande». Nella lettera il patriarca ribadisce il carattere «gravissimo ed inquietante» del furto compiuto, sia perché «viene a toccare il bene sommo del Santissimo Sacramento, sommo dono di Cristo alla sua Chiesa, in cui si realizza la reale presenza dello stesso Signore Gesù, sotto le specie del pane e del vino» sia per il tempo in cui è avvenuta tale profanazione e per le modalità del furto che sembrano prefigurare ulteriori intenzioni profanatorie. Il Patriarca auspica «la conversione di chi ha compiuto l’atto e la crescita nella fede eucaristica della comunità coinvolta, dagli adulti ai più giovani». IL PARROCO Di certo chi ha compiuto il furto conosceva bene la chiesa e le abitudini del volontario sacrista che in pausa pranzo non attivava mai il sistema anti-intrusione. Sabato sera, in occasione della messa prefestiva, il parroco si era accorto del furto ed era rimasto stupito per l’esiguità degli oggetti rubati. «Mancava anche la chiave del tabernacolo, ma non gli avevo dato peso, dato che era in ordine, con il conopeo (le tendine poste nella parte anteriore) al loro posto - racconta don Raffaele -. Solo martedì mattina, quando il fabbro ha aperto il tabernacolo ci siamo resi conto della mancanza della pisside, per tre quarti piena di particole consacrate. Mi stupisce che nessuno si sia accorto di nulla. Il ladro deve essersi nascosto in chiesa prima della chiusura. Fatto il furto, è tranquillamente uscito dalla porta laterale che si apre da dentro. E pensare che avevamo appena cambiato il sistema d’allarme, peccato non sia stato acceso». Daniela Ghio © RIPRODUZIONE RISERVATA
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