Capitali all'estero, le "confessioni" ora si moltiplicano: in fila a denunciare

Giovedì 18 Aprile 2019 di Roberta Brunetti
Il tribunale di Venezia

VENEZIA - Si allunga l'elenco dei contribuenti che dopo aver portato i capitali all'estero, ora chiedono di essere sentiti dalla Procura di Venezia, che sta indagando sulla cosiddetta lista De Boccard. Dopo i tre imprenditori che saranno ascoltati a giorni, altri se ne sono fatti vivi. Una mezza dozzina ha telefonato direttamente al centralino della Guardia di Finanza di Mestre per chiedere di essere ricevuta dagli inquirenti. Persone che probabilmente sono in quella lista in codice - stilata dal mediatore svizzero, il 78enne Bruno De Boccard, appunto - ora finita nelle mani del procuratore aggiunto di Venezia, Stefano Ancilotto.
Tutto, come noto, parte dal seguito dell'inchiesta per lo scandalo Mose. Alla ricerca del presunto tesoro nascosto dell'ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, i finanzieri coordinati da Ancilotto hanno trovato in Croazia le tracce di un conto corrente riferibile proprio a Galan. Ma sono incappati anche in altre decine di imprenditori che avrebbero investito i loro capitali in paradisi fiscali, anche con la complicità dei commercialisti padovani Paolo Venuti, Guido e Christian Penso, soci dello studio Pvp. E la settimana scorsa la Finanza ha disposto sequestri per oltre 12 milioni di euro, proprio nei confronti di Venuti, della moglie Alessandra Farina, di Guido e Christian Penso, per riciclaggio, nonché di Boccard e di un altro mediatore svizzero, per intermediazione abusiva.
LISTA IN CODICE Elemento chiave dell'inchiesta questa lista Boccard, che starebbe preoccupando non pochi imprenditori. Una lista dettagliata che riporta centinaia di posizioni, non solo italiane, molti sono francesi, ma ci sono anche anglosassoni, tedeschi, russi. Un elenco di investimenti avvenuti tra i 2007 e il 2014 con il nome della società fiduciaria, del gestore, dell'amministratore, del reale investitore. Un dato spesso in codice, quest'ultimo, di difficile interpretazione. Per il momento gli inquirenti sono risaliti a una trentina di persone. Nessuno, però, è indagato, o perché l'evasione fiscale è coperta dalla prescrizioni, o perché è stata condonata dallo scudo fiscale. Ora altri imprenditori si stanno facendo avanti per chiedere di essere sentiti. Forse nel timore di ritrovarsi con i beni sequestrati. Sarà da capire se anche loro sono coperti da prescrizioni o scudi.
NUOVI ACCERTAMENTI Intanto la Procura si appresta a disporre ulteriori accertamenti su quanto sostenuto da Venuti nella lettera, diffusa l'altro giorno, sul conto corrente croato dove, secondo gli inquirenti, sarebbero transitati anche i soldi di Galan. A detta del commercialista, le somme contenute nel conto sarebbero state riportate in Italia nel 2017, «non appena dissequestrate dalle autorità croate, dopo due anni di indagini». E sarebbe stata la stessa Farini ora a consegnarle «deliberatamente alla giustizia italiana».
IL CONTO SVUOTATO La Procura, però, non ha mai chiesto sequestri alle autorità croate, né è a conoscenza di loro iniziative autonome. Anche la tesi della consegna spontanea fa sorridere gli inquirenti, essendo stati i finanzieri a recuperare i soldi attraverso un'analisi dell'anagrafe tributaria. L'inchiesta, come noto, ha ricostruito le vicissitudini del conto aperto nel 2009 presso Veneto Banka Zagabria, a firma Venuti e Farina; nel 2013 transitato in un altro conto riferibile a Unione Fiduciaria. E fu proprio Unione Fiduciaria, rispondendo alla Procura, a precisare che al 31 dicembre 2014 il saldo del conto era di un milione e 800mila euro, mentre a giugno 2015 era di poco più di 1.900 euro. Senza che Unione Fiduciaria avesse data alcuna disposizione a riguardo.

 

Ultimo aggiornamento: 10:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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