Torna dagli Usa dopo 20 anni per aprire un'azienda informatica: «Bloccato dalla burocrazia»

Mercoledì 17 Aprile 2019 di Elisio Trevisan
Roberto Capodieci
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MESTRE - La rivista "Fortune" che tratta di business globale, lo ha appena intervistato sulle blockchain delle quali è uno degli esperti mondiali. A Mestre per aprirgli un conto in banca gli hanno dato appuntamento tra un mese e poi si vedrà. Forse, leggendo chain, catena, hanno pensato che sia un ladro di biciclette.
Eppure Roberto Capodieci ha 44 anni, mestrino purosangue, fino a una ventina di anni fa, quando partì per gli States, viveva in galleria Matteotti. E già prima di emigrare, qui a Mestre a 10 anni aveva fondato il club Mega Computer Mania, e a 14 era diventato socio di una Sas, una società in accomandita semplice. Sin da piccolo creava programmi, con i primi lentissimi computer, lo faceva di notte a occhi chiusi, e aiutava i suoi amici poliziotti della Questura nelle prime indagini con l'ausilio dell'informatica.
Visto che gli veniva facile lavorare in proprio, ha pensato di farne la sua vita.
«Facile, nel senso di semplice, perché per il resto mi sono sempre fatto il classico mazzo che ogni imprenditore deve farsi per far decollare un'azienda: notti insonni a lavorare, preoccupazioni, debiti. E poi ho spesso goduto del meritato successo, belle macchine, belle vacanze, e un po' di filantropia».
A 44 anni, due figli piccoli, uno dei quali, più assatanato di lui (buca sistemi di sicurezza usando solo un cellulare, per esercitarsi), gli è venuta la nostalgia di casa e della mamma.
Così si è dato tre settimane di tempo per aprire un'azienda e un conto corrente, mandare dei soldi come investimento iniziale, affittare un ufficio, prendere una macchina aziendale, e magari fare qualche colloquio per trovare i primi 3 dipendenti a cui fare il training necessario.
«Scaduta la terza settimana non ho ancora combinato niente eppure non sono di primo pelo» dice sconsolato davanti a una birra seduto in piazza Ferretto: «Ora devo tornare a Bali, ho 40 persone da seguire, ma tra un mese torno. Ho deciso che, a differenza di tanti colleghi che abbandonano delusi, o che neanche tentano di fare business in questo Paese impauriti dalla brutta fama che si porta dietro, io non mollo. Voglio aprire una società in Italia, e proprio a Mestre, per sviluppare il mio business in Europa».
Le blockchain, copiando da Wikipedia, sono strutture di dati condivise e immutabili. Detto in parole povere sono il futuro degli affari nel mondo.
«In Asia, a dire il vero, sono già il presente. I nostri clienti sono banche, assicurazioni, multinazionali. Le blockchain sono quel che internet è stato vent'anni fa».
Addirittura. Ma, visto che lei è un esperto, per spiegarlo a chi non ne ha mai sentito parlare, come si mangiano queste catene?
«Se prima dovevi eleggere un server esterno per mettere al sicuro dati e informazioni aziendali, ora un gruppo di società che operano nella stessa filiera produttiva si possono consorziare e attivare una blockchain, un sistema all'interno del quale tutti condividono i dati nella massima sicurezza e sono garantiti che nessuno può imbrogliare. Cosa che, nel mondo degli affari dove spesso è forte la tentazione di fregare gli altri, è una rivoluzione».
GENIO INFORMATICO
Capodieci, dopo aver venduto tutti i Topolini e i giocattoli ai passanti sotto casa, appena superata l'adolescenza, un anno è andato in vacanza in Florida e ha deciso di fermarsi lì, un po' per il clima, un po' per le ragazze e molto perché lavorare in proprio era semplicissimo. Si è specializzato nella sicurezza delle grandi aziende, in pratica faceva quel che suo figlio oggi fa molto meglio di lui, bucava i sistemi super blindati per verificarne le falle e correggerle. Da lì si è allargato cogliendo man mano tutte le opportunità di sviluppare business che scovava neglii angoli più reconditi della rete.
Bali cosa c'entra con internet?
«Bali è un paese fantastico, sole, spiagge, gente adorabile. E poi è a un tiro di fionda da Singapore, una delle città più dinamiche del mondo, dove internet lo si mangia a colazione, pranzo e cena. Florida o Bali, quindi, non fanno differenza da questo punto di vista».
E l'Italia? Qui di differenza ce n'è.
«Purtroppo sì. Sono dovuto passare per un commercialista, code in banca per fare l'assegno circolare per il capitale sociale, notaio, camera di commercio, Pec, fattura elettronica, firma digitale, ed attese, tante lunghe attese. Devo dire che ho trovato un commercialista eccezionale e molto bravo, e un notaio molto simpatico ma per quanto sia stata un'esperienza piacevole, il solo tempo passato nello studio del notaio è quello necessario, a Singapore, per aprire una azienda e renderla attiva e funzionante».
Come mai non ha ancora aperto un conto in banca? Magari con quello le cose sarebbe state più facili.
«Ci ho provato, una mattina mi sono piazzato davanti alla bussola prima dell'apertura per non trovare coda. C'erano tre clienti in tutto contro i cinque dipendenti allo sportello. Ci sono voluti venti minuti al bancario non per aprirmi il conto, ma per darmi l'appuntamento per un altro giorno. Ero sbalordito: perché non aprirlo subito? Eppure sono andato via che la banca era vuota. Nessun cliente».
Quando tornerà in Italia, e avrà aperto il suo conto, le rimane solo tutto il resto, ufficio, macchina, dipendenti... 
«Sì, un vero inferno. Ma non mi piegheranno. Tanti mi dicono che sono pazzo e che Don Chisciotte è solo un personaggio della fantasia».
La burocrazia come i mulini a vento?
«Se le istituzioni aiutassero l'imprenditoria sulle cose semplici, che qui sembrano impossibili, le centinaia di casi, se non migliaia, di investitori che ogni mese abbandonano l'idea di venire in Italia diminuirebbero di molto».
 
Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 15:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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