Alitalia-Atlantia, il pressing di Conte: vertice per convincere Benetton a rientrare in partita

Mercoledì 17 Aprile 2019 di Umberto Mancini
Alitalia-Atlantia, il pressing di Conte
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L’obiettivo è di guadagnare tempo per evitare che il salvataggio di Alitalia finisca in un vortice fatale. La missione del premier Giuseppe Conte, che ad ore convocherà un vertice ad hoc, è quasi impossibile. Da un lato deve convincere Atlantia a rientrate nella partita, offrendo garanzie industriali sull’operazione; dall’altro deve superare le perplessità, anzi l’ostilità, dei 5Stelle che ben sapendo che la società del gruppo Benetton è l’ultima carta spendibile, non cederanno facilmente. Anche perché negli ultimi mesi, pur con toni sempre più deboli, hanno continuato a minacciare di voler togliere la concessione autostradale, facendo così pagare a caro prezzo il crollo del Ponte Morandi. Al momento il premier può contare quindi solo sulla sponda della Lega, che però ha già fatto capire che Atlantia, in assenza di alternative valide, sarebbe ben accetta. Se non altro perché Cdp e le altre società che sono articolazioni della Cassa fino ad oggi hanno fatto muro. Così come Poste, Leonardo e Fincantieri: tutte scomparse dai radar non appena il dossier è diventato pubblico.

Proprio l’appoggio di Matteo Salvini, che ieri ha sfidato nuovamente l’alleato Luigi Di Maio a trovare una soluzione dopo mesi di impasse, può risultare però un pericoloso boomerang per il premier. Da qui la necessità di un vertice per trovare la quadra o quanto meno provare a mettere in fila le questioni da risolvere: dal prestito ponte da 900 milioni del Tesoro che va restituito a giugno, al faro acceso dall’Europa sui presunti aiuti concessi, ai dubbi legittimi di Ponzano Veneto che non vede - e lo ha detto ufficialmente - l’utilità di andare avanti su questa strada. All’origine del no secco di Atlanta ci sono non solo ragioni di tipo industriale, ma anche aspetti legati alla possibile futura governance. Fs e Atlantia avrebbero infatti ciascuna il 35%, mentre Delta e Mef il 15%. Gli interrogativi da sciogliere sono tanti: da chi piloterà la compagnia a chi sceglierà strategie e manager. Per non parlare del piano industriale che le Fs stanno mettendo punto senza aver consultato i potenziali partner. E senza affrontare l’aspetto più politico della questione, ovvero gli ostacoli eretti dai grillini. 

LO SLALOM
Del resto, Conte sa benissimo che in gioco ci sono migliaia di posti di lavoro e che senza un partner privato Fs, regista dell’operazione, sarà costretta a fare un passo indietro.

Per questo a Palazzo Chigi si starebbe pensando di spostare di un mese la data ultima entro cui chiudere l’operazione: da fine aprile a fine maggio. E di farlo mettendo a punto un escamotage tecnico, un po’ come accaduto con la Tav, per «comprare» altro tempo e dare ad Atlantia la possibilità di riflettere ancora se vale la pena mettere sul tavolo 300 milioni per rilevare il 35% della NewCo. Lo scoglio, come detto, è anche politico e di opportunità, e non è detto che venga superato con un semplice slittamento dei termini a dopo le elezioni europee. Per questo il pressing sulle grandi partecipate dello Stato quotate prosegue incessante: senza Atlantia e in assenza di un piano B la prospettiva della liquidazione diventa più concreta. «Vogliamo chiudere entro breve il dossier Alitalia - ha ribadito ieri Conte - nonostante sia molto complesso. Faremo un tavolo a Palazzo Chigi». Probabilmente prima di Pasqua. Curiosa la frenata di Di Maio. «Non mi risulta - ha detto poco dopo - un vertice a breve». E Salvini incalzante: «Aspetto i fatti». «Mi fa piacere - la replica del vicepremier grillino - che tutti vogliano vedere i fatti, peccato che quelli che vogliono vederli parlano soltanto». La compagnia, intanto, ha diffuso i conti del primo trimestre, annunciando una crescita dei ricavi da passeggeri dell’1,4%.

Ultimo aggiornamento: 07:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA