Antipasto autonomia/ Competition giallo-verde sulle spoglie della Capitale

Lunedì 15 Aprile 2019 di Mario Ajello
Nessuna capitale occidentale sembra messa peggio di Roma. E l’inadeguatezza al potere sta rendendo sempre più degradante il quadro. Inutile ripetere ancora una volta la lista dettagliata dello sfascio capitale. Dunque, ha buon gioco Matteo Salvini nel denunciare indignato, come lo sono tutti, l’invivibilità a cui la politica capitolina ha condannato i cittadini. La diagnosi del vicepremier sull’Urbe trascurata e collassata è una sorta di manifesto delle promesse tradite, da chi governa Roma, che qualsiasi abitante di questa città, e non c’è bisogno di tifare Lega, firmerebbe al volo. 

E tuttavia, fatto salvo il negativo giudizio universale dei romani e dei non romani, sulla gestione capitolina appare evidente che le giuste critiche di Salvini contengano un retrogusto che rischia di contribuire - e almeno in questo i giallo-verdi pur litigando si trovano concordi - alla crisi che sta patendo questa città. Per una volta che il governo nazionale, di cui la Lega è ormai azionista forte, a dispetto di tutti gli esecutivi precedenti e di ogni colore politico cerca di mettere in campo una norma Salva-Roma, con 12 miliardi di euro nel decreto crescita per il risanamento del bilancio, il vicepremier del “buon senso” (autodefinizione) invece di sostenere questo importante obiettivo lo deprime, lo svilisce e lo sta fermando. 

Non è incongruo battersi per la rinascita di Roma e contemporaneamente sottrarsi al dovere patriottico di dare una mano reale alla Capitale dicendo che “se diamo i soldi a Roma, li dobbiamo dare anche a tutte le altre città”? 
<HS9>Parole che non avrebbero stupito sulle labbra di Bossi, ma fanno impressione in quelle di Salvini che si è voluto distinguere dal nordismo dei predecessori e ha un progetto di Lega nazionale e di partito piglia-tutto molto più ambizioso e non esiste vera ambizione italiana che non abbia al suo centro Roma. 

<HS9>Il ragionamento della parte non leghista del governo in questo caso è, oltre che politicamente di comodo, piuttosto lineare. Occorre intervenire in aiuto di questa città, che ne ha profondamente bisogno, proprio perché la sindaca e la sua giunta non sanno guidarla. Di fronte a questa Emergenza Capitale, non dovrebbero esistere da parte di alcun membro dell’esecutivo - e tantomeno da parte del ministro dell’Interno che dovrebbe dopo il sindaco essere il primo tutore di Roma - freni né tentennamenti né giochi politici interni alla coalizione giallo-verde che si sta dividendo su tutto in vista delle Europee. 

<HS9>Naturalmente, che la Raggi abbia esaurito tutte le scusanti, tutti gli alibi e tutte le chance, i pentastellati al governo lo hanno ben capito sennò - più che per difendere Virginia, per non venire travolti alle Europee dal disastro Roma - non avrebbero deciso di aprire il portafoglio. Ma risulta un’aggravante, targata Salvini, quella di non cogliere al volo l’occasione di fare qualcosa di pratico e non di meramente agitatorio per Roma, perché questo potrebbe giovare ai concorrenti nelle urne. 

<HS9>Il giudizio sull’amministrazione spetta ai cittadini e appena ne avranno l’occasione diranno la loro. Altra questione è che qualsiasi governo nazionale, con qualunque sindaco, in qualunque momento, deve lavorare a favore della Capitale, perché l’immagine, il prestigio, la forza interna e internazionale dell’Italia non possono prescindere dal funzionamento della sua città-guida. E dunque colpisce che un argomento istituzionale di primaria rilevanza, il rilancio di Roma a prescindere da chi la dirige, venga sminuito a contesa politico-partitica. 

<HS9>Viene da pensare, di fronte al niente soldi per Roma, che si voglia dare una carezza a certo nordismo anti-Urbe. Ma soprattutto c’è impressione che questo niet salvinista rientri nella battaglia - anche questa di natura elettorale - sull’autonomia. Tema fortemente divisivo tra leghisti e grillini, con gli uni che devono sventolare la bandierina di un primo via libera alla vigilia del voto del 26 maggio e con gli altri che non vogliono regalare un assist agli alleati-rivali. E allora: voi mi volete bloccare l’autonomia, e io vi blocco i soldi per Roma. Ecco il braccio di ferro giallo-verde, mentre questa città vorrebbe vedere condivisione e impegno pieno contro il dramma che sta vivendo da anni.

<HS9>Negare il sostegno finanziario a Roma, per sanare un debito cumulato durante le precedenti amministrazioni con il contributo di tutte le parti politiche, sembra un po’ l’antipasto di quanto potrà accadere in regime di autonomie speciali: lo svuotamento di risorse e di poteri ai danni della Capitale e il suo impoverimento. E il dire che Roma è come le altre città, negandogli lo status straordinario che la storia, la legge e il suo ubi consistam le attribuisce, serve a far passare il falso concetto di una parità per cui la Capitale non deve pretendere nulla e tacere davanti ai danni profondi che si annunciano con lo Spacca-Italia.

<HS9>La partita è questa, ed è quella che proprio non ci voleva in un momento così difficile. Salvini colpisce i Cinquestelle nel loro punto debole, la Capitale, in cambio cerca di ottenere che i grillini s’ammorbidiscano sulla autonomia, in modo da poterla sventolare al più presto, e se il ministro leghista agguanta questo trofeo potrebbe diventare più clemente con la Raggi invece di attaccarla ogni giorno. E i romani? Ancora una volta soffrono sulla propria pelle i giochi politici, come se la propaganda in questi anni non abbia loro già rovinato la vita abbastanza. 
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