MODI E MODA di
Luciana Boccardi
TATUAGGI COME OUTING
AUTOBIOGRAFICI
Venerdì 12 Aprile 2019
di Luciana Boccardi
Per quattro giorni in Veneto l’universo tattoo (il nome sembra derivare dal tahitiano tatou) è stato presente con una “fiera” delle novità del settore : tatuaggi innovativi e tatuaggi famosi, nomi di persone amate, frasi impresse sulla carne con inchiostri di ogni colore garanti della caratteristica indelebile del tatuaggio. Il fascino sottile di questo richiamo che per molti appare irresistibile è proprio la ricerca di eternità, quella parola magica che fino a qualche tempo fa consentiva un “per sempre” anche sugli atti di matrimonio, che offre credibilità all’adesione a una setta, a un credo religioso, al messaggio tatuato che resterà sul corpo per tutta la vita.
Quest’arte per apparire , arrivata in Occidente portata da James Cook nel XVIII secolo, in realtà è molto antica: una delle prime testimonianze di tatuaggio sul corpo umano risale al ritrovamento della mummia di un guerriero sciita pare vissuto nel V* secolo a.C., così come il tatuaggio sulla schiena di un viandante morto assiderato 5500 anni fa e ritrovato negli anni Venti sulle Alpi.
Perché ci sentiamo compensati, gratificati o rassicurati da un segno indelebile che la razionalità ci assicura non avrà più nel tempo quella stessa valenza sentimentale o di simbolo rappresentativo? Di certo sarà lì a ricordare e forse proprio questo ricordo del ricordo è una conferma di eternità. Disegnare sulla pelle un fiore, un animale feroce, un simbolo marino, un cuore con un nome, un pugnale minaccioso , coprire le braccia di segni facendole somigliare a un merletto, un tessuto (come possiamo constatare durante le sfilate con modelle che - quasi tutte - presentano qualche tatuaggio , dal più minuscolo al più invadente), consente di sapere che tra quaranta o cinquant’anni sarà bello ricordarsi di aver voluto immortalare quel simbolo, quell’immagine magari passati ad altra dimensione della nostra sensibilità però …esistiti. Ecco, la certezza dell’esistenza di qualcosa, come una fotografia che viene scattata a un paesaggio prima ancora di averlo guardato bene, assaporato, apprezzato o snobbato. E’ una certezza di esistenza, di eternità quella che ci perviene dal selfie ossessivo così come dal disegno che rende la pelle un tessuto elaborato che però non potrà mai abbandonarci. Le teorie, le rassicurazioni sulla possibilità di eliminare i tatuaggi sono molte ma vanno prese con beneficio di inventario perché all’atto pratico, i segni del fu-tatuaggio restano a raccontare che…c’è stato, con buona pace per la ricerca di eternità.
Tra i tatuaggi più invasivi su corpi femminili non si può ignorare quello che l’irrequieta Asia Argento si è fatta fare sull’intera superficie del corpo, sopra , sotto, davanti, dietro, braccia, dita, gambe, piedi e su, fin dove non batte il sole… trasformandosi in una mappa che lei stessa dice di aver voluto “per ricordarsi sempre dov’è” ( forse chi è?). Per “non sentirsi perduta” che è un po’ il mantra di chi ricorre a tatuaggi tanto invasivi.
Di solito la decisione di applicarsi un tatuaggio comincia con un piccolo simbolo, una vipera come braccialettino, una pietra come anello, un orecchino, un gattino, un cornetto port- bonheur , due iniziali, un nome, per proseguire in una sequenza compulsiva che sembra colpire i tattuomani con aggiunte di animali, piante , interi giardini, quartieri residenziali, dediche, nomi che a volte , a tatuaggio ancora caldo, hanno già perso il loro valore affettivo. Ma forse questo è il bello dell’apparIre, quell’ amletico “non essere” che rappresenta il fine primo e ultimo del grande gioco della moda, un interrogativo per il quale una risposta esauriente - per fortuna - non l’abbiamo ancora trovata.
Ultimo aggiornamento: 11:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA