Galan, conto svuotato in Croazia: «Ma quale tesoro, non sono soldi miei»

Venerdì 12 Aprile 2019 di Angela Pederiva
Galan, conto svuotato in Croazia: «Ma quale tesoro, non sono soldi miei»
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VENEZIA «Ma lo vogliono capire che non c'è nessun tesoro?». Ancora una volta, Giancarlo Galan si ritrova a interpretare la parte del leone in gabbia, veemente e furioso. Anche adesso che l'azzurro è un uomo libero, l'ombra delle presunte ricchezze nascoste all'estero continua ad allungarsi dietro di lui, «nero come il carbone» lo descrive chi ieri ha raccolto la sua rabbia.
L'AMAREZZA A chi lo aveva incontrato di recente nel villino sui Colli Euganei messo a disposizione da un amico, Galan aveva confidato di aver visto sparire molti sodali di un tempo, di dormire poco, di trascorrere le sue giornate tra la cucina, i libri e la scrittura: soprattutto lettere, destinate alla figlia, pensate per un libro da pubblicare postumo. Ieri le notizie provenienti dal Tribunale di Venezia hanno acuito la sua amarezza, tormentandolo per tutto il giorno anche sul cellulare, attraverso cui è entrato e uscito da WhatsApp fino a sera. Ma a tutti l'ex ministro ed ex governatore ha ribadito la sua verità, quella raccontata ad agosto del 2015 nell'intervista a Gianluca Amadori e Maurizio Dianese del Gazzettino: «Non c'è nessun tesoro. Se lo trovate ditemelo... Dalle rogatorie all'estero non è risultato nulla». E il conto in Croazia, appunto, quello che il commercialista Paolo Venuti intercettato con la moglie Alessandra Farina sosteneva contenesse quattrini suoi? «Balle. Quei soldi sono di Venuti». E la sua vita sfarzosa, che adesso l'ordinanza del gip David Calabria definisce basata su «un rilevante scompenso tra entrate ed uscite, nel senso che le seconde superavano abbondantemente le prime, anche di cinque volte»? «Sì, questo è un errore».
I DIFENSORI Per i suoi difensori, quella versione è ancora e sempre valida. Afferma l'avvocato Niccolò Ghedini: «Possiamo escludere in maniera radicale che ci siano denari attribuibili a Galan all'estero». Aggiunge il collega Antonio Franchini: «Non c'è nessun tesoro. Questa suggestione risale all'intercettazione ambientale in macchina tra Venuti e moglie, la cui interpretazione si presta a svariate ipotesi, che adesso evidentemente gli inquirenti avranno sviluppato attraverso indagini ulteriori di cui non sono a conoscenza, visto che il mio assistito non è indagato. In ogni caso il mio cliente non c'entra nulla con quel conto». Il penalista esclude dunque anche l'eventualità che quel milione e mezzo, di cui peraltro non c'è più traccia, fossero stati messi da parte per la figlia del forzista: «Mi pare molto strano. Con noi difensori Galan ha sempre negato la realtà di questa cosa e io mi attengo alle sue dichiarazioni. Ritengo quindi che non ci sia nulla da trovare, tant'è vero che ora le misure di sequestro hanno riguardato altre persone».
LA SENTENZA Fra le altre, proprio Venuti, insieme alla moglie Farina. Il commercialista attende giusto da un anno la sentenza della Cassazione sul ricorso, presentato insieme alla società Piscopia 10 (la ex Pvp, detenuta insieme ai co-indagati Guido e Christian Penso), contro la Procura regionale della Corte dei Conti, nonché contro lo stesso Galan, l'impresa Costruzioni Mantovani e la società Adria Infrastrutture. Il professionista eccepisce il difetto di giurisdizione della magistratura contabile, che per la prima volta in Italia ha deciso di giocare la doppia carta della simulazione e della revocatoria, puntando a dimostrare il carattere fittizio della compravendita delle quote di Adria fra Pvp e Mantovani. L'ordinanza interlocutoria depositata il 12 aprile 2018 ha disposto un approfondimento giuridico sulla legittimità della procedura.
 

Ultimo aggiornamento: 20:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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