Il Sud dimenticato/ La ricetta che non c’è nel Paese che galleggia

Mercoledì 10 Aprile 2019 di Gianfranco Viesti
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Il Paese galleggia, con crescenti difficoltà. Le previsioni di tutte le istituzioni sono purtroppo univoche: il 2019 sarà un anno di grande sofferenza, di recessione. Ma l’attenzione della politica è tutta e solo sulle elezioni europee. Che cosa devo dire in televisione per farmi votare?

Lo è stata già dal momento dell’approvazione della legge di bilancio. Una manovra di galleggiamento, centrata sui cavalli di battaglia dei due partner di governo. Sempre attenti più che alla somma dei diversi provvedimenti, e quindi al loro effetto complessivo, a potersene intestare la paternità. Da un lato “quota 100”: un passo indietro secco sulla sostenibilità del nostro sistema pensionistico, con un beneficio concentrato su una platea relativamente ridotta di soggetti “nelle condizioni giuste al momento giusto” ma con un impatto sensibile sulle finanze pubbliche. Tale da lasciar prevedere che difficilmente potrà diventare strutturale. Il ritorno ai prepensionamenti stile prima repubblica: solo che almeno allora c’erano gravi crisi aziendali o settoriali a renderli più comprensibili, anche se mai giustificabili. Dall’altro il reddito cosiddetto di cittadinanza: una misura certamente orientata verso i segmenti più deboli della popolazione, ma confusa nelle sue finalità, fra sostegno al reddito e prospettive occupazionali, e assai complessa nella sua articolazione.

Un sussidio destinato prima o poi ad esaurirsi per i beneficiari, con un possibile effetto boomerang se non si riuscirà nel difficilissimo compito di far uscire quei nuclei familiari dalla povertà. Cosa a sua volta davvero difficile se il paese non tornerà a crescere, soprattutto nel Mezzogiorno. Tra l’altro, misure entrambe con effetti concreti sensibilmente diversi da quelli immaginati, forse specchio di una conoscenza non approfondita del Paese. Sul piano geografico e sociale: con i beneficiari del reddito di cittadinanza che rappresentano una quota elevata dei potenziali nuclei familiari candidabili al Nord e i prepensionati che coprono una percentuale più elevata degli occupati più anziani al Sud.

<HS9>Il reddito si limiterà a trasformare spesa pubblica in maggiori consumi; l’effetto espansivo di “quota 100” dipenderà in misura cruciale da quanto i neo-pensionati saranno sostituiti da nuovi occupati. Ci sono timori che questo avverrà solo in misura contenuta, tanto nel privato quanto nel pubblico; comporterà una riduzione dei costi di personale delle imprese, ma potrebbe aprire vuoti molto pericolosi – di cui le cronache già si occupano – in fondamentali servizi pubblici. Troppo poco per stimolare l’economia. Specie se si considera – come notava il Centro Studi di Confindustria pochi giorni fa – che le fibrillazioni politiche hanno fatto crescere sensibilmente, con lo “spread”, gli interessi che ci tocca pagare sul debito.

<HS9>L’Italia non sta tornando a scommettere su se stessa; e quindi ad impiegare risorse pubbliche per gli investimenti, materiali e immateriali: che avrebbero un potenziale “moltiplicativo” molto maggiore sull’economia e che potenzierebbero le nostre dotazioni infrastrutturali e la capacità stessa di crescere. E mettono timore le previsioni di una possibile riduzione degli stessi investimenti privati nel 2019, alla luce dell’incertezza della situazione e dell’andamento della domanda. Men che meno sta pensando ad investire nei suoi territori più deboli, che hanno un potenziale di crescita maggiore, e che possono tirare con la loro crescita anche le regioni più forti. Per il Sud c’è qualche sussidio, ma niente per lo sviluppo.

<HS9>Difficile dire cosa sarà necessario fare con la prossima legge di bilancio (e chi la scriverà). Con tutto il rispetto per chi vi sta lavorando in questi giorni, pare difficile che dal Documento di Economia e Finanza possano venire lumi. Anzi, il timore è che esso contenga ulteriori promesse tutte pensate per il 26 maggio. Come la “flat tax” di cui tanto si parla: difficilmente compatibile con le condizioni attuali – e ancor più di fine anno – della finanza pubblica.

<HS9>Non è certamente facile rilanciare un Paese in rallentamento dall’inizio del secolo e sul quale si sono abbattuti lunghi anni di forte austerità; con larghe fasce di cittadini disillusi e spaventati. E’ impossibile però farlo concentrandosi solo su come distribuire il benessere che c’è fra elettori, gruppi sociali, territori. Forse è per questo che su tutto ciò incombe la cosiddetta “autonomia differenziata”, cioè la secessione dei ricchi: il tentativo di blindare una parte del gettito fiscale per le regioni più ricche, comunque vadano le cose per il resto del Paese. Così da potersi garantire servizi pubblici che altrove potrebbero diradarsi; o tagli di imposta che è difficile realizzare per tutti gli italiani. Ed è certamente per questo che il Mezzogiorno è totalmente assente dalla discussione politica: per la verità tanto delle forze di governo quanto di quelle di opposizione. <HS9>Per pensare al Sud occorre declinare pensiero e azione al futuro, avere un’idea, tracce di un progetto per l’intero Paese. Se si pensa solo al 26 maggio, è sufficiente tenerlo buono finché vota.
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