Decreto crescita, pressing di Conte: la Ue non aspetta. Piano per sostituire Tria dopo il voto

Giovedì 4 Aprile 2019 di Alberto Gentili
Decreto crescita, pressing di Conte: la Ue non aspetta. Piano per sostituire Tria dopo il voto
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Nel nuovo psicodramma, con minacce, ultimatum, voci di dimissioni e mezzo accordo tra Giuseppe Conte e Giovanni Tria stoppato in extremis da Luigi Di Maio, c’è una novità che salta agli occhi: il super attivismo del premier.

E’ stato Conte, quando ormai il leader 5Stelle parlava di rinvio alla prossima settimana del decreto crescita, a fissare data e orario del Consiglio dei ministri per il varo del provvedimento: oggi alle quattro di pomeriggio. Ed è stato sempre il premier a spingere il ministro dell’Economia a compiere quello «sforzo aggiuntivo» che avrebbe portato all’intesa, poi fatta saltare da Di Maio in quanto insoddisfatto: «Non garantisce il pieno risarcimento dei truffati dalle banche. Meglio non avere nessuna norma che questa porcheria». Però il decreto crescita dovrebbe essere ugualmente varato, approvato con la formula “salvo intese”.

Questo perché Conte non ci vuole rinunciare. Tant’è che si è caricato sulle spalle l’ultima, drammatica mediazione, mentre era in missione a Doha. Il premier è arrivato nella capitale del Qatar martedì sera, con nelle orecchie il richiamo di Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione europea nel faccia a faccia del mattino non era stato tenero: «Non state rispettando i patti, dovete lavorare molto di più sulla crescita, altrimenti a giugno sarà difficile aiutarvi». Un richiamo condiviso da Sergio Mattarella preoccupato, al pari del Juncker, della recessione e del conseguente sforamento di tutti gli impegni di bilancio.
Ebbene, proprio per rassicurare le istituzioni economiche e i mercati e per accontentare Di Maio e Salvini che vogliono il «ristoro» per i risparmiatori prima delle elezioni di maggio, Conte ha deciso di accelerare. Niente rinvii. Nessun ulteriore slittamento del decreto crescita che doveva essere già varato la settimana scorsa: «Qui bisogna darsi una mossa», ha detto dal Qatar ai suoi. E questo perché, con le misure contenute nel provvedimento, i giallo-verdi vogliono “pompare” il Documento di economia e finanza (Def) da battezzare entro martedì prossimo, fissando un tasso di crescita ben superiore (si parla dello 0,6%) di quello zero spaccato previsto da Confindustria e del meno 0,2% pronosticato dall’Ocse. Un modo per provare ad allontanare l’amaro calice della manovra correttiva.

Per riuscire nell’impresa, Conte da Doha ha usato la mano pesante con Tria. Ha scandito ultimatum, ha detto al ministro di stare «tranquillo», ha fatto balenare la parola «dimissioni». «Di fatto l’ha messo nell’angolo, gli ha detto di fare il decreto e di non rompere...», spiegano ruvidi a palazzo Chigi. E alla partita, nell’ultimo assalto al responsabile dell’Economia, si è unito Matteo Salvini. Tant’è che anche il leader della Lega, negli ultimi giorni pronto ad alzare insieme al Quirinale un muro a difesa di Tria, ieri ha usato un approccio decisamente aggressivo: «Dimissioni del ministro? Se ciascuno fa il suo lavoro non deve aver alcun timore». Di più, lanciando un attacco all’apparato del Mef al pari dei 5Stelle: «Abbiamo messo i soldi per i risparmiatori truffati, ora la burocrazia del ministero dell’Economia partorisca il decreto. Abbiamo fretta».

A questo punto Tria, «intimidito» anche sul piano familiare (i grillini hanno tirato in ballo il figlio e il figliastro) ha alzato bandiera bianca. Ma con un pizzico di malizia, per non far passare la tesi che si era piegato alla raffica di ultimatum, ha fatto sapere che i testi, con le norme con cui rendere operativo il fondo di indennizzo dei risparmiatori, erano da martedì sera a palazzo Chigi. Peccato che Di Maio poi abbia smontato l’intesa.

BUGNO NEL MIRINO
Il capo dei 5Stelle vorrebbe far fuori il ministro («è lui che ci fa perdere alle elezioni») e se non l’ha ancora fatto è stato soltanto per lo scudo del Quirinale e per timore di una reazione dei mercati finanziari. E adesso anche Salvini ha cominciato a riflettere su una sostituzione. Non ora. Ma dopo elezioni europee, quando è dato per certo un rimpasto di governo in grado di tenere conto dei nuovi equilibri elettorali. «Se i 5Stelle non imploderanno in seguito alla probabile nuova batosta elettorale», dice un ministro leghista, «sarà indispensabile cambiare anche all’Economia. Certo, Tria finora è stato un punto di equilibrio, ma gli manca quello sprint e quella creatività indispensabili per far ripartire la crescita».

Chi rischia di non arrivare neppure a giugno è la super consigliera di Tria, Claudia Bugno. Di Maio & C. l’hanno messa nel mirino per indebolire il ministro e non arretrano. Anzi. Nel Movimento «ha innescato un’escalation d’irritazione», come spiega un alto esponente grillino, «il fatto che la Bugno in un’intervista abbia detto che resta al suo posto avendo la piena fiducia di Tria. Sembra si consideri la signora del Mef». Così tra i 5Stelle viene annunciata l’intenzione di Di Maio di chiedere a Conte «la destituzione immediata della Bugno». Difficile però che il ministro dell’Economia sacrifichi la propria consiglie
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