Si rifiuta di lavargli i piedi e non è brava a fare le torte: massacrata di botte

Mercoledì 3 Aprile 2019
Si rifiuta di lavargli i piedi e non è brava a fare le torte: massacrata di botte
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ROVIGO -  Un dolce venuto male, il rifiuto di lavargli i piedi, una telefonata non autorizzata, una piastrella rotta dal figlio piccolo: sarebbero stati questi, fra i tanti, i motivi che avrebbero spinto un uomo a picchiare la moglie, anche quando era incinta del loro figlio, che, a un certo punto, si è ribellata ed ha puntato il dito contro di lui mettendo in fila tutto quanto l’avrebbe costretta a subire negli ultimi anni di convivenza, nei quali per la sua forte gelosia le avrebbe pressoché impedito di avere contatti con altre persone, costringendola a stare in casa. 

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E la violenza del marito non si sarebbe manifestata “solo” con insulti, minacce di morte e botte, ma anche in un abuso sessuale che l’uomo avrebbe compiuto su di lei, approfittando del fatto che era ubriaca. Ieri il giudice Pietro Mondaini ha rinviato  a giudizio per le ipotesi di reato di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e lesioni personali un 33enne di origini albanesi, per il quale il processo si aprirà il prossimo 12 dicembre. La donna, insieme al figlio piccolo, considerato parte offesa perché avrebbe suo malgrado assistito a molte delle scene di violenza domestica, si sono costituiti parte offesa con l’avvocato Anna Osti. A difendere l’uomo, nei confronti del quale è stata decisa la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla moglie e al figlio, è invece l’avvocato Michele Ciolino.
SETTE ANNI DI VIOLENZA
Tanti sono gli episodi contestati dall’accusa, in un arco temporale che va dal 2011 fino al 2018.

Come due violente aggressioni, quando la donna era incinta, con calci e pugni, in un caso perché si era rifiutata di lavare i piedi al marito, in un altro perché si sarebbe lamentata del fatto che parlasse spesso dell’ex moglie, della quale esaltava i pregi in modo da denigrare lei. Uno dei calci, secondo quanto denunciato, l’avrebbe indotta a partorire proprio il giorno seguente. Botte anche per una telefonata alla madre in Albania, con il cellulare scagliato sul viso provocandole un ematoma sull’occhio. E botte anche per un selfie trovato sul cellulare, con la minaccia di ammazzarla pronunciata mettendole un piede sul collo. In un frangente, obnubilato dall’alcol, l’avrebbe presa a pugni e calci, mentre ai piedi aveva un paio di scarpe antinfortunistiche: dopo averla inseguita fuori dalla porta di casa e trascinata dentro per i capelli, l’avrebbe picchiata ancora, tanto da provocarle ematomi alle braccia e alle gambe che le avrebbero impedito di alzarsi. Sarebbe stato il figlio piccolo, nell’occasione, a implorarlo, piangendo disperato, di portare la mamma al pronto soccorso perché stava male. Per queste lesioni, ci sarebbe un referto che parla di una prognosi inferiore ai 20 giorni. Mentre un altro sarebbe stato rilasciato per una prognosi di tre giorni, per delle contusioni alla tempia dovute ad un pugno e per escoriazioni al collo. A queste violenze, poi, si aggiungerebbe anche quella di natura sessuale, che sarebbe stata commessa nel novembre 2017, in un momento in cui la donna dopo aver bevuto non sarebbe stata in grado di tenere testa al marito che avrebbe abusato di lei, utilizzando anche una bomboletta di schiuma da barba.

Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 08:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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