Mario, il marinaio bellunese rivive dopo 77 anni nell'incrociatore ritrovato

Mercoledì 3 Aprile 2019 di Egidio Pasuch
Mario, il marinaio bellunese rivive dopo 77 anni nell'incrociatore ritrovato
2
SEDICO - C’era anche un sedicense, Mario Tibolla, classe 1921, a bordo dell’incrociatore leggero "Giovanni Delle Bande Nere" che fu affondato nel 1942 e che una verifica tecnica e di sorveglianza dei fondali nel mar Tirreno, vicino l’isola di Stromboli, ha riportato alla luce. Con una pagina di storia lontana che ha toccato indirettamente, dunque, anche Sedico. A rendere noto questo rapporto tra l’affondamento e il bellunese sono due nipoti di Mario Tibolla, Enrico e Fabrizio De Salvador, entrambi appassionati cultori di cose locali. «Il 9 Marzo 2019 è stato ritrovato il relitto della nave. Sappiamo soltanto che Mario era fratello di nostra mamma ed era del 1921 - ricordano i due -il Giovanni Delle Bande Nere fu affondato il primo aprile 1942 a 11 miglia da Stromboli da un sottomarino inglese». L’ incrociatore era partito da Messina ed era diretto a La Spezia. Quasi tutti i componenti dell’equipaggio persero la vita. Molti di loro erano campani. Si trattava di un incrociatore leggero della Regia Marina appartenente  alla classe Alberto di Giussano e fu chiamata così in onore del capitano di ventura del XVI secolo Giovanni delle Bande Nere. Lo scafo della nave venne impostato nel 1928 nei cantieri navali di Castellamare di Stabia. Il varo avvenne il 27 aprile 1930. Il 21 marzo 1942 l’incrociatore fece parte di una formazione italiana inviata ad attaccare un convoglio inglese diretto a Malta. Il che scatenò la seconda battaglia della Sirte.
L'AZIONE
Il Giovanni Delle Bande Nere colpì con un proiettile da 152 millimetri l’incrociatore britannico Cleopatra causando 15 morti e diversi danni. Il mattino del primo aprile 1942 la nave lasciò Messina diretta a La Spezia. Era scortata dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra. Alle 9 del mattino, a undici miglia da Stromboli, le tre navi vennero intercettate da un sommergibile britannico, l’Urge. Un suo siluro spezzò in due lo scafo dell’incrociatore che affondò trascinando con sé quasi 400 uomini, il numero esatto delle vittime non è mai stato reso noto ufficialmente. Secondo alcuni, sarebbe sopravvissuto un solo marinaio, il fuochista ausiliario Gino Fabbri. II relitto dell’incrociatore è stato ritrovato dal cacciamine Vieste della Marina Militare italiana in questi giorni. Il relitto si trova a circa 1600 metri sotto l’acqua, a circa 11 miglia nautiche a sud del vulcano attivo Stromboli in una posizione che è stata definita compatibile con quella del suo affondamento. La nota ufficiale della Marina militare ha spiegato che “l’incrociatore era in trasferimento da Messina a La Spezia, per effettuare alcune riparazioni in arsenale scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra”. Lungo 169,3 metri, l’incrociatore aveva un dislocamento di 6.950 tonnellate a pieno carico. L’apparato di propulsione era composto da sei caldaie Ansaldo. Queste alimentavano due turbine per una potenza totale di 95mila cavalli vapore che gli consentivano di raggiungere una velocità massima di 36 nodi. L’armamento dell’incrociatore era composto da otto cannoni da 152/53, da sei cannoni da 100/47 per la difesa anti aerea e anti silurante e da due mitragliere da 40/39. La nave era dotata anche di otto mitragliere 13,2 mm e 4 tubi lanciasiluri da 533 mm. Inoltre imbarcava due ricognitori aerei Imam Ro 43, che lanciava grazie alla catapulta installata sulla prora. L’equipaggio era composto da 507 uomini. Di questi, stando alle più attendibili fonti, solo uno fu salvato dai soccorritori. L’affondamento dell’incrociatore, infatti, fu rapidissimo.
Ultimo aggiornamento: 11:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci