«Andrea era disponibile con tutti, forse ha pestato i piedi a qualcuno»

Sabato 30 Marzo 2019
«Andrea era disponibile con tutti, forse ha pestato i piedi a qualcuno»

PADOVA - Un soprannome ironico, l'amore per la goliardia, la passione per i viaggi, il sogno di realizzare un resort vista mare nella terra dove aveva trovato l'amore, Andrea il dindo era innamorato delle Filippine e della loro gente
«Lo conoscevo da trent'anni, eravamo amici dai tempi dell'Università. Andrea è una ragazzo, lo chiamo ancora ragazzo, che amava divertirsi, un compagnone sempre con lo spirito alto, molto disponibile con tutti». A parlare è l'avvocato Carlo Bermone, già presidente della Croce Verde di Padova. Una passione, quella per il volontariato, condivisa con Andrea Guarniero fin dai tempi della giovinezza. «Ci eravamo conosciuti in goliardia, io studiavo Giurisprudenza, lui Scienze politiche, e siamo diventati amici. Stava costruendo un resort nelle Filippine, ce ne aveva parlato spesso, era impegnato ad organizzare anche missioni di medici italiani per aiutare la popolazione locale, pure la moglie filippina è molto presa dal volontariato. Si erano conosciuti là, in un primo tempo erano venuti  ad abitare a Padova, poi avevano deciso di trasferirsi laggiù, un posto paesaggisticamente spettacolare, un mare particolarmente bello, la biodiversità, tanti sub. Insomma Andrea aveva scelto di reinventarsi». Periodicamente Guarniero tornava a Padova. «Ci eravamo visti l'ultima volta sotto Natale, anche se rimanevamo sempre in contatto. Della sua morte noi amici di sempre lo abbiamo saputo quasi in diretta, l'altra sera: il fratello ha avvisato un'amica del gruppo e la notizia ci ha lasciato allibiti. Una morte orribile che nessuno si sarebbe mai aspettato, Andrea non era una persona rissosa, attaccabrighe. Purtroppo il mondo è paese, forse ha pestato i calli a qualcuno nei suoi affari immobiliari, una cosa talmente sconvolgente che non ci diamo una risposta. Non era certo la persona che andava a infilarsi in guai». Nella sua prima vita a Padova faceva l'industriale, una fabbrica di chimica, il fratello gli aveva liquidato la sua parte, e lui era partito: si era sposato con una bella donna, lui che da adolescente gli avevano appioppato quel soprannome - tacchino - per via l'aspetto un po' tarchiato (nomignolo mantenuto sul suo attuale profilo Facebook). Poi, da adulto, aveva messo su famiglia, era diventato padre in un Paese di gente deliziosa, ma dagli immensi squilibri sociali: povertà tantissima, sanità gratuita inesistente, solo a pagamento, stipendi bassissimi (alla reception di un hotel si guadagna qualcosa come 150 euro al mese). Scarsissimi gli italiani a Dauin. La sua vita di giovane uomo è stata fulminata da un colpo nella pancia e un colpo nella testa, all'ora di cena, in casa sua. Un'esecuzione, dicono. Polverizzata la sua esistenza, insieme ai suoi sogni. Voleva creare un resort, «non una cosa in grande stile da tremila camere - commenta l'avvocato Bermone -, una cosa tranquilla, quasi agrituristica. Solo Dio sa cos'è successo».
Federica Cappellato 

Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 12:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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