L'ultimo domicilio di Imane Fadil è una cascina alle porte di Milano, accanto all'abbazia di Chiaravalle. È semi abbandonata e davanti c'è un orticello. I fasti di Arcore sono solo un ricordo. Qui la modella marocchina era ospite di un amico e il 29 gennaio si è sentita male: forti dolori all'addome, vomito, un quadro clinico complicato. I medici dell'Humanitas pensano sia lupus, oppure un tumore. In realtà è veleno, dicono le analisi in possesso della procura di Milano che indaga per omicidio volontario. Esami ulteriori rispetto a quelli standard del centro antiveleni di Pavia, che non escludono la contaminazione da sostanze simili a quelle usate dagli 007 russi. E per questo i magistrati hanno disposto accertamenti con apparecchiature sofisticate per verificare la presenza di elementi radianti.
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CONCENTRAZIONE DI METALLI
Questo spiegherebbe perché, a più di due settimane dalla morte della super testimone del processo Ruby e dal sequestro delle cartelle cliniche, il corpo della modella sia ancora all'obitorio in attesa dell'autopsia, che sarà effettuata tra mercoledì e giovedì alla presenza di un pool di esperti guidati da Cristina Cattaneo, l'anatomopatologa dei casi più delicati. «Stiamo puntando la nostra attenzione sulla concentrazione di alcuni metalli - afferma il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano - La stessa Imane Fadil ha detto di essere stata avvelenata e i sintomi sono compatibili. È stata sottoposta a numerose trasfusioni, perché il midollo spinale aveva smesso di produrre globuli rossi».
E anche questo, rilevano gli esperti, è compatibile con la contaminazione radioattiva. Dieci giorni prima di morire, la giovane ha confidato le sue paure al fratello e ai medici: il direttore sanitario assicura di avere avvertito la procura, che a sua volta sostiene di non essere mai stata mai informata dall'ospedale. Nonostante il black out informativo scattano gli accertamenti tossicologici di base, ai veleni più comuni e anche alle sostanze stupefacenti per capire se la modella avesse assunto qualche droga mal tagliata.
Risultati negativi, ma il decadimento progressivo degli organi della giovane ha spinto i sanitari a tentare la strada delle analisi del dosaggio su cinquanta metalli al centro di Pavia, tra cui cobalto, cromo, nichel e il molibdeno tutti di poco superiore al limite. Il laboratorio però non ha gli strumenti per svolgere quelli sulla radioattività, che saranno effettuati ora, e dunque «eventuali contaminazioni radiogene non possono essere escluse», sottolineano dall'ospedale. Imane è morta il primo marzo dopo un'atroce agonia e da mesi andava ripetendo agli amici che aveva ancora «molte cose da dire» sulle serate a luci rosse di Villa San Martino, lei che nel 2011 si era presentata in procura diventando una delle principali accusatrici di Silvio Berlusconi nell'inchiesta Ruby.
«MI CONTROLLANO»
Chi le è stato vicino nell'ultimo anno la descrive come una giovane «molto sospettosa», ossessionata nel chiedere giustizia dopo aver subito «più tentativi di corruzione».