Camorra. Eraclea, quei rapporti tra il sindaco e il boss Donadio

Sabato 16 Marzo 2019 di Gianluca Amadori
Mirco Mestre
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VENEZIA - È soltanto all'inizio la battaglia tra accusa e difesa attorno alla posizione di Mirco Mestre, il sindaco dimissionario di Eraclea, in carcere da metà febbraio con l'accusa di voto di scambio con il presunto capo dei casalesi del Veneto orientale, Luciano Donadio. Mestre, difeso dall'avvocato Emanuele Fragasso, fin dall'inizio ha respinto con determinazione ogni accusa, negando di aver mai stretto alcun accordo con Donadio e i suoi sodali, così pure di avere mai avuto contatti con loro e perfino di essere stato a conoscenza del fatto che il costruttore, oggi indicato come un boss della Camorra, avesse garantito un centinaio di voti per appoggiare la sua elezione, avvenuta nel 2016 con sole 81 preferenze in più rispetto all'avversario politico.
 




Ma l'iniziale, granitica difesa, sostenuta nel corso dell'interrogatorio di garanzia del 22 febbraio, nel carcere di Tolmezzo, si è un po' indebolita due settimane più tardi quando, di fronte al pm Roberto Terzo, è stato costretto a fare qualche ammissione. L'interrogatorio del 6 marzo, in realtà, era iniziato con un muro di accuse respinte: Mestre aveva negato di aver mai dato incarico al suo amico e sostenitore, Emanuele Zamuner (in carcere sempre per voto di scambio) di raccogliere  voti per lui, sostenendo che era stata una sua iniziativa spontanea. E aveva escluso fermamente che Zamuner gli avesse mai riferito dell'appoggio elettorale di Donadio. Cinque giorni prima, però, Zamuner aveva reso una versione ben diversa, raccontando di aver informato in maniera esplicita Mestre della provenienza di quel pacchetto di voti. E così il 6 marzo, messo di fronte a queste dichiarazioni, Mestre è stato costretto a riconoscere che Zamuner gli aveva riferito in merito ai voti raccolti, «non escludo anche di Donadio» e che potrebbe anche aver detto a Zamuner di indicare a Donadio di appoggiare due candidati consiglieri della sua lista, Ongaro e Varagnolo. Un'ammissione, ha sostenuto lo stesso pm Terzo durante l'udienza di mercoledì scorso fronte al Tribunale del riesame, dove il magistrato ha citato tra i vari colloqui intercettati, quello del 27 maggio del 2016, 10 giorni prima delle elezioni, nel corso del quale Zamuner spiegava a Donadio di aver «... parlato con Mirco, l'ho incontrato dopo (incomprensibile) per venire qua da te. Però ha detto Magari parla con Luciano...» E ancora: «...Però è una cosa che tu non devi dire a nessuno, è una cosa che rimane tra te e me. Mirco mi ha detto di votare questi due nomi...».
LA PROCURASolo una coincidenza? Una millanteria? La Procura non la pensa così ed è convinta che l'appoggio elettorale del clan Donadio sia provato e avesse come contropartita la realizzazione di un impianto di biogas, nella frazione di Stretti, indicata quale utilità necessaria alla realizzazione del voto di scambio. Dagli atti dell'inchiesta, tra l'altro, emerge che Mestre in passato aveva avuto contatti professionali con alcuni sodali del clan e, nel 2017, Donadio al telefono fa riferimento ad un intervento del sindaco nell'ambito di una pratica per l'assegnazione di un alloggio popolare al nipote del boss, Antonio Puoti.
Ma la difesa è categorica: «Mirco Mestre ha radicalmente escluso qualsivoglia accordo con il Signor Donadio sia precedentemente alle elezioni, sia successivamente alle stesse. Tale esclusione comprende anche qualsivoglia altra persona diversa dall'avvocato Mestre. Dunque nessun accordo e nessun patto successivo. Tantomeno un impegno a corrispondere qualsiasi forma di utilità al Signor Donadio», scrive l'avvocato Emanuele Fragasso, in una nota nella quale definisce le notizie pubblicate sul Gazzettino di ieri «il frutto di una lettura capziosa, parziale e parcellizzata dell'interrogatorio reso davanti al Pubblico Ministero».
Sia per Mestre, sia per Zamuner, il Riesame ha confermato il carcere, ritenendo evidentemente che vi siano gravi indizi in merito all'avvenuto voto di scambio, di cui sarebbero stati consapevoli sia il candidato sindaco che il suo sostenitore.
Le motivazioni potrebbero essere depositate già la prossima settimana. Ma siamo soltanto all'inizio. I due indagati potranno ricorrere per Cassazione per ottenere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare e poi sarà nel corso del processo che avranno la possibilità di portare testimoni e documenti a sostegno della loro totale estraneità alle accuse. Nel frattempo il pm Terzo si appresta ad iniziare un nuovo giro di interrogatori, e pare che qualche indagato, con ruoli minori nel sodalizio, sia già pronto a collaborare con la Procura.

Ultimo aggiornamento: 15:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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