Detenuto invalido morto in cella
Indagato il medico del carcere

Sabato 16 Marzo 2019 di Cristina Antonutti
L'ingresso del carcere di Pordenone
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PORDENONE  - Un uomo di 63 anni in carcere: invalido, malato e con le stampelle. Gianmario Bonivento, residente a Fiume Veneto in via Giovanni XXIII, è morto nella cella n. 2 della casa circondariale di Pordenone. È mancato nel sonno, una morte naturale, come ha rilevato il medico legale Giovanni Del Ben. Ma la Procura vuole vederci chiaro. Le sue condizioni di salute erano compatibili con il regime carcerario? Riceveva regolarmente i farmaci di cui aveva bisogno? Un avviso di garanzia è stato inviato al medico del carcere.  Le indagini, affidate ai carabinieri del Nucleo investigativo, sono coordinate dal sostituto procuratore Federico Facchin. Un fascicolo è stato aperto per l’ipotesi di omicidio colposo, circostanza che, ai fini dell’autopsia, ha determinato un avviso di garanzia nei confronti del medico del carcere, Giovanni Capovilla, affinchè possa partecipare all’esame autoptico o nominare eventuali consulenti.
Il decesso è stato scoperto alle 7.30 di ieri mattina, quando gli infermieri si sono affacciati alla cella per somministrare le terapie farmacologiche. Sembrava che Bonivento fosse rimasto addormentato nella branda. Inutilmente i tre compagni lo hanno scosso, il suo cuore stanco aveva ceduto durante la notte. Poco dopo è arrivata l’ambulanza, ma non c’era più nulla da fare. «Ho subito avvertito il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la Procura - spiega il direttore Alberto Quagliotto - Bonivento era seguito e curato per le patologie di cui soffriva».
Bonivento era in carcere dal 30 gennaio. Dal 2 giugno 2018 stava scontando un cumulo pene di 3 anni e 8 mesi, principalmente per episodi di bancarotta legati alle coop Gesim e Cosim. Il suo debito con la giustizia si sarebbe estinto nel 2021. A causa delle sue precarie condizioni di salute era agli arresti domiciliari. A gennaio, contrariato per una pratica relativa alla pensione che non era stata accolta, aveva inviato una mail con minacce di morte all’assistente sociale che si occupava del suo caso. La donna si era preoccupata e aveva presentato denuncia ai carabinieri di Fiume Veneto. Questo aveva fatto scattare la revoca dei domiciliari da parte del Tribunale di sorveglianza di Udine. «Non doveva stare in carcere - spiega il suo legale, l’avvocato Roberto Russi - Le sue condizioni di salute erano incompatibili: diabetico, invalido al 100%, per muoversi aveva bisogno dei bastoni». Era stato fatto ricorso. Bonivento aveva chiesto scusa, ma non aveva ottenuto i domiciliari.
A Fiume Veneto viveva con la figlia Giulia, 19 anni. La ragazza andava a trovarlo in carcere e lo sentiva telefonicamente. È sempre stata vicina al padre ed era molto preoccupata per le sue condizioni di salute, tanto che si assicurava che gli fossero somministrate tutte le medicine di cui aveva bisogno. Aveva riposto ogni speranza nel ricorso per Cassazione, ma ieri mattina tutto è finito.
Cristina Antonutti
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Ultimo aggiornamento: 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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